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CITTA' E DIOCESI

Per MONTALTO* l’erezione della diocesi fu un fatto eminentemente... campanilistico di un Papa troppo affezionato alla sua terra di origine. Sisto V aveva un amore viscerale per la sua “carissima patria”, che considera come la sua famiglia. Basti pensare che nel Breve pontificio del 28 luglio 1586 che accompagna il dono del preziosissimo reliquiario, il Papa così si esprime: “ Imprimetevi bene in mente questo: che Noi, sull’esempio e sulle orme di moltissimi nostri predecessori Pontefici in questa santissima sede, che assunti al supremo apostolato della Chiesa universale trasforma¬rono in Tempio la casa paterna adornandola di sacre Reliquie di Santi Martiri, cercandole con grande cura in ogni parte, abbiamo voluto decorare con queste Reliquie di Santi Martiri la nostra casa paterna, e non intendiamo per questa l’angusto spazio di quattro mura, ma con patrio affetto intendiamo con essa il luogo che raccoglie insieme tutti voi Cittadini, cioè la stessa Montalto”. Per questo amore verso la sua patria, Sisto V trasformò il piccolo e sconosciuto borgo castellano (nella visita pastorale di mons. Maremonti, effettuata il 10 novembre 1573, si parla di tre piccole parrocchie di una cinquantina di famiglie ciascuna) in città vescovile, centro del Presidato, sede di un prestigioso ginnasio, di una zecca, di opifici vari, di una cattedrale maestosa e di altri onori degni della più grande città della Marca. La diocesi montaltese è semplicemente un dono sistino, quasi il coronamento di un sogno personale di un Papa che non nascondeva le sue umili origini, ma che anzi le esaltava a somma gloria per magnificare il piano misterioso di Dio che innalza gli umili. Non era importante se il territorio della “sua” diocesi risultava per forza di cose piccolo, l’importante era aver perpetuato la memoria della sua patria.

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CONCESSIONE DELLA ELEZIONE DEL PODESTA’ E DEL LIBERO COMMERCIO

Il cardinale di Montalto divenne Papa al mattino del 24 aprile 1585. Tre giorni dopo Montalto apprendeva la notizia e la gioia provata dalla piccola comunità è testimoniata dal pagamento di 50 paoli al corriere che recò la notizia; e neppure si badò a spese nel fare festa con spari, musica e archi di trionfo: alla fine si dovette pagare la bella somma di 719 fiorini!

Sisto V pensò subito alla sua “carissima patria”. Come prima cosa inviò a Montalto, per mezzo del Tesoriere della Marca, Tommaso Del Palagio, la somma di duemila scudi, da dividere fra tutte le famiglie del paese. Successivamente, con uno stesso Breve del 22 giugno 1585, concesse al Presidato farfense due privilegi: il diritto di nomina diretta del Podestà e il libero commercio delle merci. Il Podestà era il giudice che amministrava la giustizia e veniva eletto ogni sei mesi. Durò molto poco questo privilegio di scelta popolare: appena dopo la morte di Sisto V la scelta tornò al Papa. Il libero commercio consisteva nel diritto di trasportare liberamente da un capo all’altro del Presidato derrate alimentari senza obbligo di sottostare al dazio della Tesoreria della Marca. Tale privilegio venne mantenuto nel Presidato di Montalto quasi fino alla rivoluzione francese, nonostante Bolle successive di vari Papi revocassero tale privilegio. Il Presidato di Montalto si faceva forte della clausula sistina che tale privilegio non dovesse essere tolto da “nessuna persona di qualsiasi dignità o autorità, sotto qualsiasi motivo o pretesto”.

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CONCESSIONE DELLA ESENZIONE DALLE TASSE

Appena tre giorni dopo il precedente Breve apostolico sulla doppia concessione della elezione del Podestà e del libero commercio, Sisto V dà alla sua patria un altro segno del suo amore. Con un altro affettuosissimo Breve concede alla sola Montalto l’esenzione di ogni pagamento di tasse per un periodo di otto anni. I motivi addotti dal Papa sono due: la povertà del luogo e la durezza degli esattori governativi.

Tale straordinaria concessione, che doveva scadere nel 1593 (per quattro anni il 18 luglio 1593 e per altri due anni l’11 giugno 1597, come si evince dal retro del Breve originale conservato nell’ Archivio comunale di Montalto), tre anni dopo la morte di Sisto V, fu prorogata per altri sei anni da papa Clemente VIII, grazie all’ interessamento del cardinale Alessandro Montalto, pronipote di Sisto V. Per ben 14 anni, quindi, Montalto sfruttò a suo favore questa davvero vantaggiosa esenzione.

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CREAZIONE DELLA COLLEGIATA DI MONTALTO

Appena 38 giorni dall’ultimo Breve che concedeva a Montalto l’e­senzione dalle tasse, Sisto V eresse a Collegiata la chiesa più importante del paese, S. Maria ad Collem. Era il massimo che il nuovo Papa poteva concedere ad una chiesa non cattedrale. La nuova Collegiata era composta da due “dignità” (un decano e un arciprete) e da dieci canonici riuniti in Capitolo. Come mensa ca­pitolare per il mantenimento di queste dodici prebende, il Papa incorporò alla nuova Collegiata una grossa tenuta già proprietà del monastero della Madonna detta di S. Biagio a Sarnano. Oltre a ciò le comunità di Montalto, Porchia, Patrignone e Montedinove ebbero il diritto di presentazione e nomina dei canonici, diritto che mantennero anche quando, di lì a poco, la Collegiata fu eretta a cattedrale.

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INTERESSAMENTO DEL CARD. PERETTI ALLA EREZIONE DI MONTALTO A DIOCESI

sisto cardinaleLa diocesi di Montalto non fu determinata da un gesto improvviso di papa Sisto V all’ indomani della sua elezione al pontificato, ma fu un desiderio a lungo accarezzato dal Peretti fin da quando, il 17 maggio 1570, fu onorato della porpora cardinalizia da Pio V. "In quel tempo - scrive il Pistolesi - S. Pio V era venuto nella determinazione di decorare del titolo di Città e della sede Vescovile una delle Terre della Marca e fra le molte di cui si faceva il nome, eravi Montalto, che, naturalmente, sperava molto sull’ appoggio del Cardinale” (PISTOLESI, Sisto V e Montalto, p. 75). In favore di Montalto diocesi stava la centralità geografica del paese nel vecchio Presidato farfense, a differenza di S. Vittoria e di Offida, ma nei confronti di quest’ ultimi paesi stava la piccolezza del centro e la sua modesta realtà: appena tre parrocchie (S. Maria in Colle, S. Pietro e S. Giorgio), due monasteri (francescano e agostiniano) e scarsa consistenza economica per poter far fronte alle enormi spese per un vescovado (cattedrale, capitolo, mensa vescovile, opere edilizie...). Di fronte a tale situazione i montaltesi non opposero resistenza alla notizia della imminente creazione della diocesi di Ripatransone, che avrebbe inglobato nel suo territorio buona parte del Presidato e la stessa Montalto.

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Sisto V è di Montalto (*)

Sulla vexatissima quaestio tra Grottammare e Montalto intorno alla patria di Sisto V non si potrà recare un esatto e formale giudizio se di essa non siano conosciuti i veri termini; poiché, ci duole il dirlo, moltissimi storici hanno dato prova di non averne conoscenza che in assai scarsa misura.
Noi ci rimetteremo al giudizio dello stesso Sisto V che non può essere testimonio sospetto e che, addentro alla questione, l’ha definita con tutta chiarezza nei moltissimi documenti lasciatici.

Da semplice frate, nella giovane età di 33 anni, egli acquista dei beni stabili e il notaio che ne stipula l’atto, lo chiama lui presente « di Montalto, della stessa Terra, del medesimo luogo » (2) Fra Felice scrive lettere di proprio pugno, dà alle stampe le sue prediche e si firma « di Montalto ». La sua firma di Vescovo è: « Fra Felice di Montalto, vescovo di S. Agata dei Goti ». Da Cardinale, ovunque il suo nome apparisce, è sempre « Il Cardinal di Montalto ».
Nelle lettere scritte alla Comunità di Montalto, si protesta di « aver comune il bene e il male con la sua patria »; di « vantarsi in ogni luogo di essere il più amato frate della sua patria »; di « esser figlio e creatura di Montalto e che l’onore e la vergogna sua è anco di Montalto »; di « essere prontissimo per la sua patria a spendere ciò che ha e può »; di « aiutare sempre la patria con ogni suo potere ». (n. 47-52-62)
Divenuto Pontefice, nelle sue Bolle si esprime così : « Desiderosi di onorare la Terra di Montalto che ha dato il felice principio ai nostri natali ecc. » « con quanta ardente dilezione noi amiamo la Terra di Montalto, il carissimo patrio suolo, la nostra culla, lo potrete conoscere dai beneficii ecc. » « Accesi da gran desiderio di arricchire... la Chiesa di Montalto, nostra patria carissima » « Mossi da pia affezione verso la diletta Comunità di Montalto, d’onde traemmo origine »; nel donare il Reliquiario vuole che i montaltesi « dalla grandezza del dono intendano la grandezza del suo amore e della sua pietà verso la patria » e viceversa, nell’altro dono dei candelieri d’argento, esige che « dalla grandezza ed abbondanza del suo amore giudichino la grandezza del dono ».
E quasi non bastassero le molteplici tenerissime espressioni contenute nel testo delle Bolle, altre ne aggiunge nella parte esterna delle medesime (indirizzo): Ai diletti figli di Montalto, patria nostra carissima (n. 84).
Per chi non conosce l’animo di Sisto V, poco verosimili potrebbero sembrare sulla bocca di un tale Pontefice queste appassionate parole che formano un vero idillio; ricordiamo in proposito la curiosa supposizione d’un’egregia persona, dottissima del resto, che discutendo sull’epigrafe del Reliquiario: Sixtus V... Monti Alto patriae carissimae dono dedit anno secundo, rifiutava di crederla autentica e immaginava fosse stata apposta dai cittadini montaltesi in tempi posteriori, perchè « quella frase — diceva — era troppo sdolcinata per un Papa così austero »!!
No: siffatto dubbio non ha l’ombra di fondamento. Sisto V per i Montaltesi non è il sovrano austero e terribile, ma il padre tenero e affettuoso che tutta la sua vita spende nelle mille proteste di sincera e non ordinaria devozione e che ad esse fa corrispondere continuamente benefici tali da superare qualsiasi speranza.
Egli infatti nella sua vita mai dimentica la sua patria e vi torna, nel 1554, nel 55, nel 59, nel 61, nel 67 da Vescovo e nel 74 da Cardinale.
Qualche anno dopo vi fonda una scuola e una condotta medica, spendendo un totale di circa 8000 scudi.
Appena eletto Pontefice, il suo pensiero vola ai suoi conterranei e dispone subito che un regalo di 2000 scudi sia distribuito fra tutte le famiglie povere e ricche senza distinzione. Da quel giorno i doni e i privilegi non si contano più: libero commercio, esenzione da tasse, Governo autonomo, zecca, stamperia, titolo di Città e Chiesa Cattedrale, stabilimento della Concia, Lanificio, Collegio Montalto a Bologna, Reliquiario, medaglie d’oro e d’argento, altri doni in denaro, paramenti suntuosissimi, ori e argenti... La morte lo colse mentre maturava a pro’ della sua patria altri e più grandiosi disegni.
Ma si domanderà: Concentrando affannosamente tanti privilegi su Montalto, chiamando questo paese sua patria et quidem carissima (n. 84 - 87 - 88 - 89), protestandosi sempre e dappertutto di Montalto, Sisto V ignorava forse di esser nato a Grottammare? Non sapeva che Le Grotte affacciavano diritti sopra di lui?
Egli il sapeva: e nel 1574, quando prese possesso del Vescovado di Fermo, dovette sentirsi lusingato non poco dal discorso del fermano Vincenzo Nardini, il quale ebbe a dirgli con ischerzo oratorio : « Non fa quindi meraviglia se di te oggi, come anticamente di Omero gli abitanti di Colofone, di Chio, di Salamina, di Smirne, due città picene e due paesi sembrano fra di loro contendere! poiché Ascoli ti dice suo cittadino, suo cittadino Fermo, Montalto ti rivendica, Grottammare ti vuole suo ».
Perchè dunque proprio di Montalto?

Sisto V nasce a Grottammare per caso.
Si legga la sua dichiarazione fatta nel 12 Giugno 1585, poco dopo la sua elevazione a Sommo Pontefice, quando dona a Grottammare 1000 scudi per mantenervi coi frutti il maestro di grammatica: egli confessa di esser nato in quella Terra, ma vi mette un inciso degno di nota che dà la chiave di tutta la questione. Ecco le parole testuali: « Personalmente costituito il Santissimo in Cristo Padre e Signor nostro Sisto per divina Provvidenza Papa Quinto, il quale, quantunque il genitore suo fosse della Terra di Montalto, Presidato della Marca Anconitana, nacque nella Terra di Grottammare, Contado di Fermo ecc. ».
Dalla dichiarazione incidentale di Sisto si ricava in primo luogo ch’egli nacque alle Grotte da padre montaltese: montaltese cioè non di sola origine, come si è voluto sostenere quasi Peretto fosse stato già cittadino di Montalto, ma che poi, stando laggiù, si fosse naturalizzato grottese. No: frasi inutili o di rancido sapore retrospettivo non s’addicono a Sisto V: egli volle significare che il padre suo nel 1521 non aveva rotto i suoi vincoli con Montalto e che in Grottammare egli era un semplice forestiero. (3)
L’altra verità — conseguenza della prima — è la nascita fortuita di Sisto V a Grottammare. Esclusa infatti una causa occasionale, quali la necessità improvvisa, la guerra, ecc. non si comprende come un cittadino possa trovarsi a dimorare temporaneamente fuori della patria e avervi famiglia.
Chi volesse negare la nascita fortuita di Sisto, dovrebbe sostenere che il padre suo fosse emigrato alle Grotte in tempi normali, coll'intenzione di dare addio per sempre a Montalto, e naturalizzarsi grottese. Ma allora tutto diverrebbe inesplicabile. Che significato avrebbe più quella frase chiara esplicita di Sisto? Perchè ricordare il paese di Montalto in quella circostanza, diremo così, solenne per Grottammare? Perchè apporre il nome di Montalto proprio nell’unica donazione delle Grotte, egli che mai nomina Grottammare nel conferire innumerevoli benefici a Montalto? La frase sarebbe non solo inopportuna e fuor di luogo, ma evidentemente priva di senso. Facendo invece inserire quella pubblica dichiarazione, Sisto V veniva a dar ragione dell’aver chiamato sè stesso di Montalto, metteva il suggello alle espressioni di patria, di culla, di principio felice di natali rivolte a Montalto e in pari tempo dava ai grottesi presenti e futuri e a tutti gli scrittori il solenne monito di non far confusione e di avvertir bene ch’egli era nato a Grottammare, ma che la sua persona non apparteneva a quella Comunità! Quel quantunque voleva dire: Nacqui alle Grotte, quantunque non vi dovessi nascere ! ! (4)
E le notizie d’archivio del comune di Montalto benché frammentarie e scarsissime, vengono a confermarlo. Peretto si trova a Montalto prima e dopo la nascita di Sisto e cioè nel 1510 e nel 1516, (n. 2) nel 1528 e nel 1531(8 - 11) e poi sempre risiede a Montalto, come già i suoi antenati, risalendo per tante generazioni sopra a lui. Qui è la sua possidenza, qui è il centro dei suoi affari, qui si maritano le sue tre sorelle dotate da lui, qui si accasano giovanissimi i suoi figli Camilla e Prospero, quivi il suo Felice abita da giovanetto, qui tutti e tre accrescono la microscopica possidenza paterna... Di modo che la sua dimora a Montalto fino alla morte apparisce continua.
Una sola eccezione si trova nel 1522 quando cioè da poco eragli nato Felice. Peretto in quel tempo era assente da Montalto: Noi non possiamo precisarne la durata; ma il fatto è anormale, perchè nell’ assenza come nel resto della sua vita egli apparisce sempre cittadino montaltese ! ! (5)
Dunque il piccolo Felice era anche lui forastiero a Grottammare, e se, nascendo laggiù, aveva una patria, se aveva dei diritti, delle immunità da godere, se aveva una civitas di cui far parte, quest’era unicamente Montalto. Egli non poteva pertanto chiamar le Grotte sua patria e non poteva rinunciare a Montalto senza ribellarsi alla realtà e senza taccia di falso cittadino, se è vero il detto di Metastasio:

La patria è un tutto
di cui siam parti; al cittadino è fallo
considerare se stesso
separato da lei...

E la condotta di Sisto V è stata coerente a queste inoppugnabili constatazioni di fatto:

La gratitudine doverosa verso Grottammare che l’aveva visto nascere e che aveva dato ospitalità a lui forastiero, spingerà, è vero, il gran Papa a concedere dei piccoli favori a quel municipio, quali la somma predetta di mille scudi e due posti al Collegio « Montalto » in Bologna. Ma qui finiranno i suoi beneficii; ma non sarà mai ch’egli dia importanza soverchia a quella sua nascita, che anzi toglierà appunto occasione dall’anniversario della sua nascita per innalzare Montalto a maggiori fortune; ma non sarà mai ch’egli chiami felice la sua nascita alle Grotte, egli che proclamò felice la sua origine montaltese, felice la città di Loreto, felici i ponti, i borghi, gli acquedotti ecc.; ma non sarà mai ch’egli si chiami o si lasci chiamare di Grottammare e mai rivolgerà a questo paese il dolce nome di culla, di patria, di carissimo patrio suolo!
Tutto ciò ben sapevano e ben comprendevano i contemporanei di Sisto a differenza di tanti nostri improvvisati storici che s’ostinano a misurare i tempi antichi col palmo moderno e fanno professione di volere insegnare a Sisto V.
Quindi nei copiosi scritti di quei tempi non si riesce a cogliere inesattezza alcuna nelle espressioni. « Nacque il Papa in un piccolo castello detto le Grotte ecc. » dirà l’ambasciatore veneto residente a Roma nel dare relazione al doge dell’avvenuta elezione di Sisto V e nel comunicare i brevi ragguagli della sua vita anteriore. « Cupris... natus... Montalti educatus... theologus... inquisitor... » dirà l’epigrafe sepolcrale del grande Papa, ove, tacendosi della patria, con scultoria brevità si narrano le vicende della sua vita in ordine cronologico.
Ma quando il Cardinal di Vendôme, ammirato dello zelo apostolico di Sisto, della sua grande sapienza, e della giustizia delle sue leggi, vuole celebrare in lui l’intrepido legislatore, lo chiamerà ancor vivente:

Sixtus Quintus de Monte Alto

e da queste parole formerà in lode di Sisto l’ingegnoso e felicissimo anagramma;

Mons tutus iri quo stat lex Dei

_______________
(*) Can. Francesco Pistolesi, Sisto V e Montalto da doicumenti inediti, Montalto Marche, Editrice Marchigiana S. Giuseppe, 1921

(1) Le Grotte erano effettivamente allora come adesso lo scalo di Montalto e dei paesi limitrofi.
(2) In quel tempo il nome oscuro del frate non poteva destare interesse alcuno: eppure in quel tempo è chiamato pacificamente e sempre di Montalto: si leggano in proposito i rogiti notarili; 27 - 29 - 30 - 33 - 41 -42 - 49 - 51 ecc,
(3) Le leggi comunali di quel tempo dividevano gli abitanti di qualsiasi paese in due categorie : dei paesani e dei forastieri; e l’ammissione alla cittadinanza non si effettuava se non dopo verificatesi molte e gravose condizioni, prima fra tutte la continua residenza che poteva prolungarsi anche a un trentennio !
(4) Se l’assenza fu prodotta da improvvisa necessità e da causa violenta, non appartiene alla questione la durata più o meno lunga della dimora di
Peretto alle Grotte. La tradizione dice che, dopo il sacco di Montalto, il padre di Sisto V era intento laggiù a ristorare i suoi parenti del danno patito. Ciò non si poteva ottenere che con diversi anni di sudori e di stenti.
(5) Non faccia difficoltà la frequente omissione del « di Montalto » che si riscontra nei protocolli : questo è indizio infallibile che si tratta di persona de gremio.

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In ogni cosa Sisto è stato uomo straordinario e nessuna meraviglia se il suo nome è tanto famoso nella storia del Papato.

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