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DAI CAMPI AL TRONO

Qui viveva (sec. XV), originaria del luogo, la famiglia Peretti, povera ed oscura, il cui vero cognome era Ricci. Giacomo, il nonno di Sisto V, adattavasi ai lavori più umili, quali portar lettere nei paesi vicini, far da facchino coi muratori e trasportar legna o pietre con la sua mula. Lasciò cinque figliuoli: Piergentile (detto Peretto), Laudenzia, Piacentina, Francesca e Salvatore. Quest’ultimo entrò nel Convento di S. Francesco di Montalto, e cantò messa novella nel 1517. Di lì a non molto, avvenne la terribile invasione delle truppe di Francesco Maria Della Rovere, Duca d’ Urbino, ch’era in guerra col Papa Leone X. I Peretti fuggirono da Montalto e ripararono temporaneamente a Grottammare. Quivi, fuori della patria, da Piergentile e dalla consorte Marianna di Camerino, in un venerdì (13 Dicembre 1521) nasceva Felice Peretti, il futuro Sisto V (Tav. V).

Sono leggendari i racconti dei suoi primi anni ; vuolsi però che suo padre lo ponesse per qualche tempo a guardia del gregge.

A nove anni (1530) entrò nel patrio Convento francescano (Tav. VI), dove lo chiamava lo zio Fra Salvatore, Guardiano. Ivi emise la professione religiosa (1532), e dando saggi d'ingegno pronto ed acuto seguitò gli studi classici in Montalto fino al 1536. Passò poi a Pesaro, lesi, Ferrara, Bologna: ebbe il sacerdozio a Siena (1547), e venne chiamato comunemente il Padre Montalto; l'anno seguente si addottorò a Fermo. Dedicatosi presto alla predicazione, corse le piccole e le grandi città della penisola, acclamato dovunque e considerato come uno dei più grandi predicatori del suo tempo. A Roma predicò nel 1552. L'anno seguente fu eletto reggente nel convento di S. Lorenzo in Napoli, e nel 1556 di quello dei Frari di Venezia, ove ben presto ebbe la nomina di Inquisitore (Tav. VII). Facile al risentimento e austero di condotta, si attirò l'odio dei depravati religiosi di quel convento, i quali, contrari a qualsiasi riforma, progettarono di comprometterlo col governo della repubblica, per ottenerne in via diplomatica il licenziamento. Montalto era ancor troppo giovane per poter sottrarsi interamente alle maliziose loro pratiche ma capace però e di animo tale da affrontare audacemente la lotta che già delineavasi con il Consiglio de' Dieci. Pio IV accorse a soffocare l'incendio, ma richiamando nel 1560 il Montalto, non potè dispensarsi dal premiare il suo zelo nominandolo Consultore del S. Uffizio.

Giunto a Roma, fu eletto Teologo del Concilio e Lettore della Sapienza, e l’anno seguente Procuratore Generale dei Minori Conventuali. Accompagnò nel 1565 il Card. Boncompagni alla legazione di Spagna: da questo viaggio datano i primi screzi che divisero poi sempre i due illustri personaggi. Tenuto in gran conto ed amato dal Papa Pio V, fu creato Vicario Generale dell’ Ordine nel 1566. Avendo manifestato la sua ferma risoluzione di estirpare ogni abuso, fu mantenuto alla presidenza dell’Ordine anche dopo la sua nomina a Vescovo di S. Agata del Goti nella Campania (1567). Creato Cardinale nel 1570, dallo stesso S. Pio V veniva trasferito (1572) alla sede Vescovile di Fermo (Tav. VIII).

Senonché, in quell’anno, per la morte di Pio V, veniva eletto Papa il Boncompagni, Gregorio XIII, che trattò il Card. Montalto con alterigia, lo escluse dagli affari, e più tardi gli tolse anche la pensione. Caduto così in disgrazia, e ritiratosi a vita privata, il Peretti si consacrò totalmente alla revisione degli scritti dei SS. Padri, sua prediletta opera scientifica (Tav. X) e a lavori edilizi, quali il suo palazzo di campagna (Tav. IX), il monumento a Nicolò IV (Tav. XI) , il Ginnasio di Montalto e la cappella del Presepio in S. Maria Maggiore: le fabbriche procedettero a stento per mancanza di denaro: l’ultima anzi era tutt’altro che compiuta quando egli entrò nel conclave da cui doveva uscir Papa.

Due terribili tragedie erano venute ad accrescergli amarezza negli ultimi anni di cardinalato. In una mattina d’aprile 1581 Francesco Peretti, unico e diletto suo nipote, era stato trovato cadavere nella strada del Quirinale! L’avevano assassinato a tradimento alcuni sicari mandati da Paolo Giordano Orsini, Duca di Bracciano, che con questo delitto si assicurò la mano di Vittoria Accoramboni, la bella ma colpevole moglie del Peretti. Il Cardinale, ricevendo questa prova dal Cielo, con rassegnazione e magnanimità perdonò ai suoi nemici, come sempre aveva fatto in altre circostanze memorabili; ma il Governo di Gregorio XIII, che avrebbe pur dovuto procedere contro i rei, agì in modo da far perdere le tracce dei veri autori dell’assassinio!

Quattro anni dopo (marzo aprile 1585) « il Cardinal Montalto, percorrendo una mattina la strada a piedi, secondo che usava, seguito da un solo domestico, d’improvviso si vide inviluppato tra gente armata, che si dava battaglia: perché il capo degli sbirri aveva catturato nel palazzo Orsini, sempre brulicante di banditi, uno dei più famosi fra questi: atto necessario, ma che costituiva una violazione delle franchigie godute dai palazzi dei grandi. Nel menarlo in prigione, la sua gente si avvenne in un’allegra brigata di giovani eleganti. Orsini, Savelli, Rusticucci, Capizucchi ed altri, tutti a cavallo e con seco i loro palafrenieri. Tostamente si fecero addosso al bargello e s’impegnò una zuffa in cui il Rusticucci, taluno degli Orsiniani e per caso il domestico del Montalto, perdettero la vita. Il Montalto stesso stentò a mettersi in salvo entro una casa vicina. Gli Orsini, querelandosi della violazione del loro domicilio, si fortificarono nei loro palagi: altrettanto fecero i loro amici: tantoché tre giorni di combattimenti accaniti si succedettero nelle vie e nelle corti dei palazzi: anzi nel recinto stesso del Vaticano vi ebbero morti e feriti. Cotalché al Cardinal Montalto per giungere alla sua vigna bisognò una scorta di cinquanta soldati.

« Frattanto il malcapitato bargello, che non aveva mancato se non per eccesso di zelo, giustificato però dalle circostanze, conoscendo la fiacchezza del Governo, se l’era svignata: ma pur venne arrestato, e, per richiesta degli Orsini, messo a morte! Modo singolare di pacificare la città, sacrificando chi combatteva per la legge! Eppure gli Orsini avevano dato ordine alla loro gente tutta di prendere le armi, e oltre la soddisfazione accordatagli col supplizio del capo degli sbirri, occorsero lunghi negoziati e l’intervento del Cardinal de’ Medici, molto influente presso la detta famiglia, se si volle indurre i baroni a disarmare i loro uomini e a licenziare i banditi. Per quattro giorni interi il Papa e gli abitanti di Roma trepidarono per la loro vita: le botteghe e gli altri luoghi pubblici erano serrati e guardate le case dei ricchi da gente in armi » (De Hübner).

La notizia di questi fatti — così frequenti in quei tempi — si diffuse in un baleno fuori di Roma: nelle Marche e a Montalto si dava per sicura la morte del Cardinale.

I montaltesi non potevano credere a tanta sciagura, e mandarono corrieri per ben due volte a Macerata sempre sperando in una buona notizia. Questa non tardò a venire! Il Cardinale era vivo, non solo, ma di lì a poco saliva sul trono pontificio, formando il terrore dei banditi e dei malviventi!

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