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EPISTOLARI

Peretti - Bozio (Segr. Card. Carpi) e Altri

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1) Risposta di fra Peretti al Segretario Bozio circa l'elezione a Superiore del Convento di Venezia del suo principale oppositore e la richiesta di diventare Provinciale.

1559 apr. Venezia

M' é stato gratissimo avervi fatto piacere in far ministro quello, che mi pareva degno di quell'uffizio. Se io tengo buon nome in Roma le gratie sieno a Dio nostro Signore; ma é per bontà di coloro, che commendano le imperfetioni mie.
Se io ho fatto altri ministri mi sarebbe ancho chiaro, che venisse un altro a fare il vostro servitore, se vi piace hora. So che potete, e sapete; però se vi parerà io cercarò col vostro mezzo; se non, mene starò a servire Dio, e alla Religione un quella obbedienza che devo.

2) Lettera di fra Peretti al Segretario Bozio circa l'elezione a Ministro Provinciale del Maestro Cornelio Divo:

1559, 29 apr. Venezia

Maestro Cornelio è rimasto ministro a tutti i voti. Io mi trovo questa sera tanto occupato, che non posso scrivere, come sarebbe mio animo. Salutate Monsignore Illustrissimo Padrone, il Padre Procuratore generale, e il Padre fra Hieremia. Il Reverendissimo Padre generale, io penso non sia in Roma, e però non li scrivo; ma per il Ministro ragguaglierò sua Paternità Reverendissima, che tutte le cose del Capitolo son passate con somma pace, e honestà; e di tutto cuore me vi dono.

3) Lettera di fra Peretti al segretario Bozio perché i francescani di Venezia non perdano l'uffizio dell'Inquisizione:

1560, 6 apr. Venezia

Non vorrei già che la religione perdesse questa Inquisizione; ma vorrei, che si pigliasse qualch'altro partito, perché finalmente da questi Cattolici Signori se ne può sperare ogni bene. E' possibile che non se trovi altro mezzo d'accomodare un negotio di si poco conto? e pure si accordano le cose litigate con tanto sangue. Vorrei che fossero castigati i tristi, e a questo negotio si pigliasse altro rimedio, perché il Bergamasco havrebbe a caro perder l'Inquisitione. So che siete savio; però quando vi venisse il taglio, sarebbe bene ne diceste una parola all'Illustrissimo Padrone.

4) Lettera di fra Peretti al segretario Bozio in merito alla situazione creatasi nel Convento di Venezia grazie all'intervento del Vescovo di Vercelli, Nunzio a Venezia:

1560, 11 apr. Venezia

Per non dar molestia all' Illustrissimo Padrone non le scrivo; ma V.S. le potrà fare intendere, che col braccio del Reverendissimo Monsignor Nunzio si son superate le difficoltà della Reggenza, e sono entrato in camera, e martedì cominciarò a leggere. In quanto all' Inquisizione mi trovo alle prime difficoltà; e poiché li miei persequtori non mi possono offender con le prime querele, hora hanno provovato di nuovo questi Illustrissimi Signori, e scrivono contro di me a Roma, con dire, che io son troppo austero nell'Offitio, e che restando in offitio va a pericolo di concitare tumulto: che io ho comandato alli Confessori, che non assolvano chi tiene libri proibiti, e chi non revela gli heretici; e che lo stesso ho fatto in pulpito predicare alli Predicatori; onde la maggior parte resta di confessarsi; il che non viene da me solo, ma dà Generali degli Ordini, come appare nella sacristia di Venezia, e dalli editti de' Vescovi.
Monsignor Patriarcha b.m. fece stampare i casi, e voleva si osservassero, e pure io non ne seppi niente, come il suo Vicario potrà testificare per coscientia. Dicono anchora, che io ho scritto a Roma male de' Signori, che non volessero stampar l'Indice. Et pure tengo risposte appresso di me del buon' uffitio che io facevo. Quando si risolvessero, che io non havessi a continuar nell' offitio V.S. Reverenda sia con l'Illustrissimo Padrone, acciò habbia un'altra stanza, perché qui non ci potrei stare.

5) Lettera di fra Peretti al Bozio in seguito alle nuove angherie dei suoi oppositori del convento di Venezia:

1560, fine aprile forse maggio Venezia

Delle cose mie non voglio più dirne niente, perché vedo, che il nemico di Dio ci ha gran parte. Io mi rimetto al tutto nelle santissime mani della divina Bontà, e aspetto che venga ciò, che vuole.

6) Lettera di fra Peretti al Bozio in seguito alla supplica presentata al Consiglio dei Dieci per evitare la rimozione dagli incarichi.

1560, 8 giugno

Il Padre Ministro, come dice il proverbio, (sero sapiunt Phryges) hieri congregò i Padri, ed egli espose l'imminente pericolo della perdita dell' Inquisitione, se io non ero admesso; e si sottoscrissero tutti , eccetto il Bergamasco; a fare una supplica all' eccelso Consiglio de' Diece, che le cose dell'Inquisitione se quietino secondo l'ordine di nostro Signore.
Questo Consiglio, credo bene, fosse stato molto utile già tre o quattro mesi or sono; ma ora che questi illustrissimi Signori hanno la mente del Papa, è stata opera molto nociva; e il Ministro ha fatto questo senza mio consiglio, o volere. Dovendo esser presto con V.S. non scriverò più lungamente. M'indirizzerà le lettere al P. Guardiano di San Francesco di Pesaro

7) Lettera del Provinciale Divo al Bozio sull'incontro tra il doge e Fra Peretti:

1560, 21 giugno. Venezia

Il Reverendo Montalto prese licenza dal Serenissimo nostro Principe per dover partire, e a quello disse, in questa sua partenza non avere altro dolore, che la fama sparsa, che partisse reo di qualche mal fatto, essendo innocente; invocando Dio, la sua innocenza, e li stessi suoi persecutori, che non havevano trovata in lui cosa degna di gastigo. Sua Serenità li rispose, che quanto alla credenza d'alcuni particolari non se ne doveva rammaricare, per esser così stato sempre costume, che gli huomini non possan vivere senza malevoli, con tutto che giusti, ed innocenti siano. Ma che si rallegrasse, poichè presso di lui, e dello stato si trovava in ottima opinione, e che quanto si faceva hora, era per conservatione delle ordinazioni di questa Repubblica; ma che passati questi diece anni sperava vederlo Inquisitore; e lo vedrebbe sempre volentieri. V.S. Bacierà le mani all' Illustrissimo Padrone, e si conservi sano.

8) Lettera del Provinciale Divo al Bozio per la partenza di fra Felice dalla città di Venezia

1560, 28 giugno Venezia

Alli 28 del presente è partito di quì il Reverendo Montalto, il quale ha portaco seco la miglior parte dell' Anima mia; e la bontà, e le molte virtù sue non mi usciranno mai dal cuore. Così nostro Signore Dio, con il mezzo, e favore dell'illustrissimo Padrone, lo faccia veramente felice...E' stato meco otto giorni in un poco di quieto diporto, dopo tanti travagli, minacce, e pericoli, nelli quali siamo stati insieme in Venezia; ma di ciò egli a bocca con V.S. ne potrà ragionare.

8a) Lettera del cardinale Protettore al Peretti che lo raggiunge a Pesaro dopo che questi aveva lasciato Venezia.

560 22 luglio Roma

A voi deve bastare, che siate stato trovato huomo da bene, e che habbiate fatto l'Uffitio vostro con quella carità, e integrità, che a tale si conviene; onde sebbene quelli illustrissimi Signori, per la malvagità di alcuni non si contentano, che perseveriate in quell'Uffitio, ciò vi ha da dare poco fastidio, non essendo per alcuno demerito vostro. Però ve ne verrete a Roma, dove sarete ben visto; ne si mancherà di trattarvi, e honorarvi in modo, che non sarà se non con dispiacere di quelli, che tanto iniquamente hanno pensato farvi male. Et nostro Signore Dio vi guardi.

9) Disposizioni che fra Felice, vicario apostolico del suo ordine, lascia alle badesse dei monasteri di Napoli.

1566 ottobre. Napoli

1) Che nella clausura sotto qualunque pretesto non fosse ricevuta persona veruna di qualsivoglia grado, e condizione, senza suo speciale consenso; eccettuate però quelle persone espresse nel Concilio Tridentino, cioè, Confessori, Medici, e simili, ne' soli casi di necessità. 2) Che ogni badessa intimasse a tutte le fanciulle dimoranti nel Monastero, con l'intenzione di farsi Monache, qualmente compiuti i dodici anni dell'età loro dovessero vestir l'abito religioso; parchè siccome avanti i dodici anni non le potevano ricevere, così compiuti i detti anni onninamente dovessero vestir l'abito; altrimenti non fosse loro permesso dimorare nel Monastero; e dichiarò, che ogni fanciulla prima di esser vestita Monaca, dovesse essere esaminata dal vescovo ordinato secondo i decreti tridentini. 3) Che ogni fanciulla dimorante nel monastero, con l' intenzione di farsi monaca, non vi fosse più tenuta dopo i dieci anni, se non facesse la professione dopo l'anno di Noviziato. 4) Che avanti la professione non potessero le Monache ricevere la dote per qualunque promissione; e benchè la promessa fosse stipulata avanti la professione, la dichiarò nulla; anzi volle che il denaro già sborsato si restituisse in pena di chi l'avesse ricevuto; e comandò che l'istrumento della dote non si facesse, se non che mentre starebbe la Novizia per fare la professione. Questi, ed altri ordini lasciò alle Badesse, in virtù di santa obbedienza, sotto pena di scomunica, e della privazione dell'Officio.

10) Lettera del Cardinale Montalto al cugino Domenico Silvestri di Montalto dove si evince l'ammirazione nei confronti del Cardinal Farnese

1577 Roma

E' venuto il monaco di Montedinove, mi ha data la vostra del ventiquattro passato 1577 e ho inteso quanto desiderate a beneficiodi lui;e però subito scrissi a Monsignor MIO Illustrissimo Cardinal Farnese, che hora se trova in Caprarola, a favor di detto monaco; e credo, che se sua Signoria Illustrissima non sarà prevenuta da qualch'altro, che luise ne partirà consolato.
18)Nota di Donna Camilla alla negata grazia ai due uomini di Cori sorpresi con archibugi

1585 Roma

Sappiamo che voi tutto il giorno vi lamentate de' tempi Gregoriani, e poi vorreste che noi li fomentassimo; ma non è giustitia nuocere a molti per usare clemenza a voi. Le nostre leggi, finché havremo fiato, non devono soggiacere alla derisione de' scelerati, che dalla troppa indulgenza passata, prendono motivo di maggiore insolenza. Dite dunque a chi interpose le vostre suppliche; e a tutti che ve ne potessero parlare, che in Roma vi sono i Giudici, senza i quali non intraprenderemo deliberatione alcuna: che vi è l'editto promulgato dal nostro antecessore confermato da noi; e che noi attendiamo la sentenza de' Giudici nostri ministri.

Doc. n. 69 - ASV, fondo Confalonieri, 60, f. 290r-v Da Roma dopo l'ottobre 1590.

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Ordini per la fabrica della Chiesa Cathedrale di Montalto.

Che Monsignor il Vescovo di detta Città con Monsignor Governatore del Presidato che sarà pro tempore habbino particolar cura, et sovraintendenza di detta fabrica, et autorità di comandar quanto giudicaranno esser di servitio di essa, di riveder i conti de denari, che si trovano in essere insieme con li due deputati cioè uno della Città, et uno del Capitolo, et così anco di tutte le materie, che vi sono, le quali con detti denari furono donate et applicate a detta fabrica dalla Santità medesima di Urbano VII et di tutto farne far particolar nota.

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Doc. n. 42 - Il patriarca di Gerusalemme da Montalto, il 16 maggio 1589 al Card. Montalto a Roma. ASV, SS. Francia, 25, f. 301r

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Monsignor Arigoni Governatore qua di questa Città et Presidato mi dice, che sono forse sei anni, che non è stato mai ad Arimino sua Patria, et hora se gli rappresenta una occorrenza di darci una volta, che me l'ha communicata, la quale è urgentissima, che ricerca la presenza sua, et io ne fo certa fede a Vostra Signoria Illustrissima. Imperò m'ha richiesto, che io le ne scriva, come faccio supplicandola efficacemente ad ottenergli licenza da Nostro Signore per otto o dieci giorni al più di poterci andare. Il governo è quietissimo, et per questa poca absenza sua non può patire, restando qui il suo luogotenente. Questa gratia poi a lui sarà di molta commodita et sodisfattione, et a me di singolar favore per il desiderio, ch'io ho di servirlo in occasioni maggiori. Et humilissimamente le bacio le mani.

Fabio Patriarca di Gerusalemme

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