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GIAPPONE

Politica estera - Estremo Oriente

JapaneseDelegatesAndPopeGregory131549: Il Padre Francesco Saverio (poi santo), compagno di Ignazio di Loyola arriva in Giappone iniziando un'opera di evangelizzazione che porterà al battesimo del re di Bungo (uno dei maggiori principi di quel paese), che viene così rinominato con il nome di Francesco. Il re di Arima  viene battezzato con il nome di Protasio e il principe di Omura con quello di Bartolomeo.

1572 Estate. Viene nominato Visitatore per le Indie il Padre Alessandro Valignano che esorta i principi convertiti a mandare giovani ambasciatori ( visto il viaggio particolarmente lungo) a Roma.

1582 20 feb. Vengono inviati, come ambasciatori, i sedicenni Don Manzio, nipote del re di Bungo, e Don Michele Gingivo, cugino del re di Arima e del principe di Omura, accompagnati dal Principe  Giuliano Nacaura, di 18 anni imparentato con nobili  famiglie e il principe Don Martino Fara, di tredici anni, dotto in scienze.

1584 nov. I nobili giapponesi arrivano in Spagna nel periodo del matrimonio del duca Carlo Emanuele di Savoia con l'infanta di Spagna D. Caterina (avvenuto nella primavera seguente). Nello stesso periodo si  ha il giuramento di Filippo II con l'appellativo di re cattolico.

1585 1° marzo. Sbarcano a Livorno e di lì a Roma,

Si ha una descrizione della comitiva giapponese da parte di un Gentiluomo Aquilano che così ne parla: “Erano di meno che di mediocre statuta; e havevano il viso di colore ulivastro, l' aria grata, e signorile, gli occhi piccoli con le palpebre grosse, e il naso tumidetto in fine, senza  notabile disparutezza; ma tutti e quattro somiglianti a maraviglia, si ch' essi per contrario mostravano d' osservar per gran cosa, che tra noi si vedesse così gran differenza in molte migliaja di persone, dall'un volto all'altro. Mangiavano parcamente, e con politezza, senza toccar cosa alcuna con mano, eccetto il Pane; servendosi a tavola, con istraordinaria destrezza, di due stecchi di legno bianchi, come Avolio, che tenevano nella destra, e con essi prendevano qualunque cosa, benché lontana, e non molto soda. Il ber loro era sempre acqua pura, e tepida, e per lo più solo una volta verso la fine del pasto: dormivano sempre vestiti, benché fossero ammalati. Vestivano leggieri drappi di seta, intessutivi con varj colori diversi animali del loro Paese; benché da poi che comparvero nella pubblica ambasceria, l'uno e l'altro Pontefice fece loro donare vesti lunghe di velluto, e di damasco adornate d'oro alla forma italiana. Ma l'abito giapponese era una veste lunga, che cacciavano dentro a' calzoni, li quali arrivavano loro fino al tallone in modo, che facevano mostra d' una sola veste; stivaletti di sottilissimo corame, e scarpe con molta piccola coperta in punta, e con suole doppie, e assai ferme.
Portarono  con essi alcune loro cose da donare, piuttosto per novità riguardevoli, che per lo valore della materia, o dell'artificio; come furono alcuni ferigni, e calamari d'un legno nero, o canna, molto lustri, e odoriferi; carte di corteccia d'arbore, e di canna sottili a maraviglia: boccie, o gallette, fabbricate da bigatti grosse, come la testa d'un uomo; Drappi di seta a varie fogge lavorati,e con varj colori alla loro usanza; con qualch'altra cosa da gl'italiani non prima veduta”. (Casimiro Tempesti, Storia della vita e delle gesta di Sisto V...., Roma, 1754, pag. 95, 96)

23 marzo  Il Pontefice durante il concistoro nella sala regia  accoglie le profferte di ubbidienza dei tre (D. Giuliano  si era ammalato ) con gran concorso di popolo. Vengono ospitati nella casa dei Gesuiti e lo stesso Gregorio XIII li fa rifornire di vesti romane.

Morto Gregorio l'atteggiamento di benevolenza viene esternato da Sisto V con altrettanto trasporto, oltre al dono di tremila scudi per ogni Ambasciatore, li fa annoverare tra i senatori romani e li insignisce di propria mano del titolo di Cavalieri dello Speron d’oro.

Altro gesto di estrema considerazione è la comunione loro data dallo stesso Pontefice e il dono di diverse reliquie incastonate in supporti d’oro. Prima del commiato, il Pontefice dà loro tre Brevi. Il primo, indirizzato a Francesco Re Del Bungo, col quale lodava l’ubbidienza prestatagli, tramite il suo nipote D. Manzio, l’annoverava tra i monarchi cattolici concedendogli l’Indulgenza plenaria e inviava una croce d’oro con una particella della Santa Croce; inoltre accludeva il Cappello e lo Scocco d’oro.

Il secondo Breve, simile al primo,con i medesimi regali, era diretto a Protafio Re di Amina, mentre il terzo a Bartolomeo Principe d’Omuria, consegnandoli a Don Michele, nipote del Re e cugino del Principe.

1585 18 giu. In tale data la Comunità di Imola offrì ospitalità ai quattro giovani ambasciatori giapponesi appartenenti alla Compagnia di Gesù: Ito don Mancio, Chigiva don Miguel, Fara don Martino e Nakaura don Iuliao. Diretti a Venezia e in seguito a Lisbona, i giovani sostarono a Imola un giorno soltanto nel percorso di ritorno da Roma dove furono ricevuti con molti onori da papa Gregorio XIII e dal suo successore Sisto V”.
Un così lungo e faticoso viaggio, sapientemente organizzato e partito nel 1582 da Azuchi (vicino a Kioto), avvenne per testimoniare e annunciare ai paesi europei l’arrivo del cristianesimo anche nelle più lontane terre orientali attraverso l’opera di evangelizzazione svolta dai Gesuiti, l’ordine fondato da Ignazio di Loyola nel 1534. Tappa di questo itinerario è anche Imola, dove gli ambasciatori si fermano il 18 giugno 1585, giusto il tempo di consumare un pranzo accompagnato da un concerto musicale e poi proseguire per Bologna. La lettera di ringraziamento per l’accoglienza ricevuta, scritta in giapponese con i nomi degli ambasciatori, corredata dalla translitterazione nell’alfabeto latino e dalla traduzione, riporta il seguente testo: “Et per quanto questi gentilhomini e cittadini [gli imolesi] ci han fatto molte carezze e cortesie per memoria li lasciamo la presente scrittura”. La lettera è oggi conservata nell’Archivio storico comunale nel volume delle deliberazioni della Comunità di Imola del 1585 (Bim, ASCI, Campione comunale, n. 23).
Vennero accompagnati da gran seguito, visitando la Santa Casa di Loreto e altre Città d’Italia, ovunque riempiti di doni e di omaggi. Si imbarcarono a Genova dopo due anni dalla loro partenza dal Giappone.

Sisto segue da vicino l' andamento di queste missioni, particolarmente quella del Giappone, dove il cattolicesimo in questi anni raggiunge la massima fioritura prima dell'inizio delle persecuzioni, confermando i quattromila scudi che già Gregorio XIII aveva assegnato al Seminario costituito in quei Regni, aggiungendo altri duemila annui.

1586: Nelle Filippine viene creata una provincia francescana con il compito di espandersi in India e in Cina

1588: 19 feb, Viene costruita la diocesi di Funai,in Giappone, il cui patronato viene assunto da Filippo II

La missione degli Ambasciatori Giapponesi del 1585 e Bagnaia


pagine zen 1585 giappone milano 03Nel 'marzo del 1585 un insolito corteo giungeva a Bagnaia, feudo vescovile di Viterbo, e si fermava nel­la villa del cardinale Gianfrancesco Gambata: era il corteo dei primi ambasciatori giapponesi mai giunti in Europa.

Si trattava di una missione religiosa: gli ambascia­toti erano diretti a Roma, dove erano attesi con vivis­sima aspettazione (1) dal papa Gregorio XIII, a cui avrebbero portato le lettere di ossequio dei tre daimyo cristiani di Kyushu, l’isola più meridionale del Giap­pone. Per la maggior parte degli europei questo paese era allora poco più che l’eco di racconti favolosi, ima c’era già chi ne aveva una idea abbastanza precisa.

« Il Giappone è un paese isolato, grande come tre volte l’Italia, scoperto quarantacinque anni fa da mer­canti portoghesi naviganti oltre l’india orientale fra Levante e Tramontana, situato nel nostro emisfero, ha­vendo elevato il Polo Artico trentacinque gradi in cir­ca, ma per Diametro quasi contrapposto all’Italia... »: inizia così l’attentissima e acuta relazione, tempestiva­mente pubblicata a Venezia da Paolo Meietto, il 23 aprile dello stesso  1585 (2). E continua più sotto: « È diviso in sessantatre Signorie, habitato da gente soverchiameme desiderosa d’honore, e di regnare; laonde quei Prencipi fra di loro sono in continue guerre per confermare e accrescere li Stati ».

È senz’altro questa situazione di conflitto interno, ben rilevata dal Veneziano, uno dei motivi principali che permisero la penetrazione del Cristianesimo in Giappone nel XVI secolo, al seguito dei primi mercan­ti portoghesi sbarcati a Tanegashima nel 1543.

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