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Papa Gregorio XIII per il riscatto degli schiavi

La deliberazione pontificia venne comuni­cata, mediante Monsignore Giulio Antonio S. Severino, ai Guardiani e Fratelli del Gonfalone il 29 gennaio 1581, i quali senza esitazioni si uniformarono alla volontà del Papa — ringraziando sua Beatitudine che aversse imposto tal carico alla loro Compagnia.

Il 28 maggio 1581 fu spedito il Breve pontificio, che incomincia — Christianae, con amplissime facoltà ai fratelli di poter liberare gli schiavi dello Stato della Chiesa.

Dapprima fecero venire da Napoli i Capitoli della Compagnia Redemptìonis Captivorum, che furono loro dì guida; indi a tenore del Breve si rivolsero agli Arcivescovi, Vescovi, vicari e Magistrati delio stato pontificio — a pubblicare e far pubblicare l'Opera pia del ri­scatto degli schiavi ingiunta all' Archiconfraternita  del Gonfalone, deputando vari Vescovi, Compagnie e altri distinti personaggi, con capitoli da osservarsi, a raccogliere a tal'effetto elemosine.

Ordinate così le cose interne, rivolsero il pensiero al Gran Sultano di Costantinopoli per avere facile accesso nei suoi domini; ed otten­nero il seguente salvacondotto. — Noi il gran Signore Soltan Moratto Ottomano concediamo libero e franco Salvacondotto alla Venerabile Archiconfratemila del Gonfalone della Città di Roma, e alle persone che da detta Compagnia saranno deputate ed elette Redentori dei schiavi cristiani che si trovano nelle terre e paesi sottoposti al nostro dominio acciò possano libera­mente e senza impedimento alcuno andare stare e ritornare tanto nella nostra Città di Costantinopoli come di Algieri, Tunesi, Biserta, Susa, Trìpoli, Fez, Tituano e suoi contadi e altri qualsivoglia luoghi e terre del nostro dominio, sì nell' Europa come nell'Africa e Asia, e che sia loro permesso navigare per tutti li mari loro ben visti con navi, urche, galeoni, caravelle, sagetie, bavoni, galere, galeotte, fregate, falughe, e ogni altra sorta di vascelli sì cairi come la­tini, e andare per dette città e suoi contadi in qualsivoglia parte, e ivi liberamente trattare i suoi recatti con ogni sorta di persone. Nel qual salvacondotto vogliamo che siano compresi non solo i sopraddetti Redentori, e loro compagni, ministri e famiglia, ma eziandio i sopradetti vascelli insieme con le loro robe, mercanzie, vettovaglie con altre cose che vi si trovassero dentro. Dichiarando perimenti che detti vascelli tanto nell'andare come nel ritorno possano liberamente fare qualunque scalo sì nelli nostri porti e spiagge come in  altri paesi  dei cri­stiani tanto di terra ferma come  delle isole, e sbarcare in essi e tornare a imbarcarsi per seguire il loro viaggio senza pericolo alcuno insino che detti cristiani ricattati sieno giunti nella sopradetta Città di Roma. Comandando perciò al nostro Generale ed altri capitani e a qualsivoglia Rais corsaro tanto dei vascelli grandi come piccioli che incontrando detti Redentori e loro ufficiali e famiglia insieme con le so­pradette persone e loro vascelli, robe, mer­canzie, vettovaglie, e altre cose che si trove­ranno in detti vascelli li trattino amorevolmente, e osservino quanto di sopra si contiene, e in­sieme mantengano loro tutte le Capitolazioni, patti, privilegi, grazie, e condizioni poste nel salvacondotto concesso in Àlgieri alli Redentori della Città di Napoli usando loro ogni sorte di cortesia senza prendere alcuna roba, né far loro nessun dispiacere sotto pena della nostra disgrazia, e di perdere la vita e i beni (**>.

In seguito del Salvacondotto del Gran Sul­tano, fu rogato il 22 Agosto 1583 un Istromento tra la Ven. Archiconfraternita ed un cotale Aghi Mahemet mercante africano, che in quei giorni si trovava in Roma; il quale per convenute somme di danaro si obbligava a far ricerca degli schiavi dello stato pontificio, e condurli liberi a Roma.

Paramenti al primo di novem­bre dell'anno seguente 1583 venne spedita la patente di Redentori dai Signori Girolamo di Avila, Paolo Mattei, Carlo de' Massimi, e Ulisse Lancerini Guardiani del Gonfalone, al Reverendo P. Fra Pietro Piacentino Cappuccino, e suo compagno, al Reverendo Don Giovanni Sanna Sardo Decano di Ales, ed a Ludovico Giunti o come si legge in altre carte Giugni laico Ro­mano, ad effetto di portarsi per tale bisogna in Algeri.

Inoltre a rimuovere qualunque im­pedimento, che frappore si potesse a indugiare, ed in qualsivoglia modo sconciare cotesta opera salutare, nonché nelle terre turchesche di Eu­ropa e di Asia, ma in quelle eziandio di Africa, divisarono i Guardiani di ottenere, come di fatti l'ottennero ai 16 di gennaro 1587 un salvacon­dotto da Mahemet Bascià Vice-Re e Luogo­tenente generale delia città di Algeri e del suo distretto e giurisdizione, simile a quello ottenuto dal Gran Sultano di Costantinopoli. Anzi di più, mercé dello zelo di Monsignore d' Apurias di Sardegna, che si trovava in Algeri in qualità di Redentore del Gonfalone indussero il Vice-Re alla seguente Capitolazione.


1 Cfr. LUIGI RUGGERI, L'Archiconfraternita del Gonfalone, Berardo Morini, Roma 1866

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