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L’opera di Sisto V a favore della squadra permanente della Marina Romana - Dopo la caduta di Roma la pirateria rifiorisce.

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Dopo la caduta di Roma la pirateria rifiorisce.

Prima di procedere oltre è bene soffermarsi sulla distinzione tra pirata e corsaro. Questi è un individuo che, in caso di conflitto o di tensione internazionale, riceve dai governanti del suo paese formale autorizzazione (patente o lettera di corsa) a correre il mare per condurre azioni di attacco e disturbo a navi ed installazioni nemiche. Anche navi appartenenti a paesi neutrali possono essere sottoposte ad ispezione e sequestro, se viene riscontrata la presenza a bordo di individui e beni destinati od appartenenti al partito avverso. Il corsaro è autorizzato a battere la bandiera nazionale ed a trattenere per sé parte della preda, ma è sottoposto alle leggi ed ai tribunali dello stato.

Se manca la lettera di corsa e non c'è uno stato di guerra o di frizione che giustifichi gli attacchi, le azioni di cui sopra s'intendono fatte per interesse privato e chi le compie è definito pirata.(3)

Sulla definizione così posta c'è ormai universale concordanza. In pratica, invece, distinguere un pirata da un corsaro è molto più ostico di quanto non sembri, perché uno stesso individuo agisce spesso sotto entrambe le vesti e quelle che alcuni considerano ribalderie da altri sono ritenute azioni eroiche.

Tra i pirati che maggiormente hanno imperversato contro coste e navi italiane ricordiamo i Saraceni ed i Barbareschi, insediati nel Mediterraneo occidentale, ed i Turchi, in quello orientale.

Secondo il Guglielmotti ed il Panetta, i Barbareschi non sono altro che pirati; secondo il Porena, il Bono, l'Anselmi, il Giacchero, il Tenenti ed altri, cui ci associamo, possono passare per corsari, solo limitatamente a certi periodi e circostanze; secondo molti autori francesi sono corsari, solo occasionalmente pirati, beninteso ad un livello non superiore a quello dei loro antagonisti cristiani.

In questa sede li denominiamo predoni, termine che non li differenzia nel campo delle motivazioni e che li accomuna, sia pure riduttivamente in alcuni casi, sul piano del raggiungimento dei risultati delle loro scorribande.

In pratica essi attuano una ridistribuzione forzosa e violenta di beni: schiavi, danaro, gioielli, naviglio, etc. Anticamente questa non era che una insopprimibile ed insostituibile forma di sopravvivenza delle comunità più povere. In epoca rinascimentale si trasforma in una vera e propria attività economica, con notevoli ripercussioni in campo politico. In essa le motivazioni di carattere imprenditoriale finiscono col prevalere su tutte le altre, pur senza cancellarle, nel rispetto di certe regole mutuamente accettate da sovrani e da naviganti.

Scorrendo le biografie dei più celebri personaggi di questo periodo si possono cogliere gli stimoli che li animavano: vendetta, ambizione, ritorsione, mire politiche, fanatismo religioso, spirito di avventura, etc. Ma su tutti questi sentimenti portati spesso all'esasperazione ed a forme estreme prevale l'interesse, proprio o della comunità di appartenenza.(4)

Si vengono così a formare delle consorterie plurinazionali e pluriconfessionali, come più tardi ed in altra situazione alla Tortuga, dedite allo sfruttamento delle risorse disponibili in mare, sulle coste e perfino nelle zone interne facilmente accessibili risalendo le vallate.

Ai medievali predoni saraceni, nel XV secolo in campo mussulmano seguono i barbareschi e i turchi. Dall'altra parte i cavalieri di S. Giovanni (o di Rodi o di Malta), quelli di S. Stefano, quelli dei SS. Maurizio e Lazzaro, gli uscocchi, i genovesi, i veneziani, i pontifici e gli spagnoli alzano le insegne della cristianità, senza però bandire rivalità commerciali e nazionali e brame di arricchimento. Più tardi arrivano predoni inglesi, olandesi e francesi.

Gli schieramenti non vanno intesi rigidamente: gli amici di oggi possono diventare i nemici di domani; la comune fede religiosa non costituisce un baluardo invalicabile; anzi, la diversa credenza non impedisce di stringere legami di amicizia politica e commerciale.

Anche sul piano delle forme di attacco, della strategia e dei mezzi impiegati esistono notevoli comunanze, in parte dovute al riciclaggio di uomini e navi a seguito dell'alternarsi di catture e liberazioni, in parte al fatto che i rapporti commerciali tra gli opposti campi continuano, più o meno intensi, anche durante il periodo cruciale della rivalità per la supremazia in Mediterraneo, non circoscritta al mare ma estesa alle terre circostanti, in particolare alla penisola balcanica ed al Maghreb.

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