Martedì, 16 Aprile 2024

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Politica estera - Persia

Avendo il papa al principio del giugno 1585 esposto all'ambasciatore di Venezia, Priuli, la grandezza del minacciantee pericolo turco, fece risaltare il suo intendimento, di dedicare la sua speciale attenzione a tale questione. Narrò allora di avere inviato un messo allo Scià di Persia, in quel tempo in guerra con la Turchia, e di avere in animo, di allearsi anche con i Tartari della Crimea. 2

Cesare Costa, arcivescovo di Capua, nominato il 22 giugno 1585 nunzio a Venezia, nel presentare le sue lettere credenziali tenne un discorso al doge, che oltrepassò in modo significante i limiti di un discorso ufficiale. « Se fosse concesso, così egli disse, al nostro Santo Padre manifestare a voi i suoi sentimenti, voi potreste riconoscere nelle sue parole, nel suo aspetto, e nei suoi gesti l'amore paterno, che l'unisce a voi, le sue ardenti brame per la grandezza, la prosperità e lo splendore della vostra repubblica. Egli vi ricolmerà sempre di prove della sua amicizia ed invocherà su voi le benedizioni del Cielo. Con il vivo rammarico e con la tenera ansia di un padre vi vede circondati da nemici potenti, pronto sempre alla vostra difesa. Contro le incursioni dei barbari, e contro gli attacchi degli infedeli egli aprirà a voi volentieri i tesori della Chiesa e sacrificherà le rendite della Santa Sede, anzi la stessa sua vita. Come contraccambio egli si attende da Vostra Serenità, l'amore figliale e lo zelo per la religione, che non deve essere misurato secondo le regole della prudenza di Stato, ma deve essere accettato con intendimento semplice e con sentimento di credente, poiché essa resta sempre la stessa, e né gli avvenimenti, né la volontà degli uomini potranno cambiarla. Alla sottomissione ubbidiente alla Santa Sede alla fedele osservanza dei principi dei canoni, deve l'illustre Repubblica, cominciata così piccola, la sua odierna grandezza, la sua potenza e la sua gloria. L'unione stretta con la Santa Sede, è per essa una malleveria del mantenimento della pace all'interno, e dell'importanza della sua stima in Italia ». 3

II doge espresse nella sua risposta con entusiasmo la sua gioia per i benevoli sentimenti del nuovo papa, i quali di fronte al contegno di Gregorio XIII erano riusciti tanto più sensibili. A questo scambio di sentimenti amichevoli, presto corrisposero anche i fatti e le concessioni del papa, che rallegrarono immensamente il governo veneziano. 4 Solo una cosa li colmò di angustia: iì papa tornava sempre a parlare del pericolo turco. 5 Le sue espressioni a questo riguardo erano così impressionanti che in Venezia si temette, che l'ardente vegliardo, il quale era su la Sede di Pietro, fosse per esigere dalla Repubblica un'impresa contro il potente vicino di Oriente. La signoria perciò attendeva con una certa inquietudine l'esito dell'accoglienza che avrebbe in Roma la sua ambasceria inviata per l'ubbidienza. Essa fu composta in modo, che ne fecero parte gli uomini più importanti, di cui disponeva: l'antico ambasciatore Leonardo Donato, il dotto conoscitore di arte, Marcantonio Barbaro, Giacomo Foscarini e Marino Grimani. Filippo Pigafetta, che si trovava al loro seguito ha descritto minutamente la pompa, che spiegò la straordinaria Ambasciata. 5

L'atto di ubbidienza ebbe luogo in un concistoro pubblico tenuto nella sala regia. Il discorso, che pronunciò in questa circostanza il Nestore dei diplomatici Veneziani, Leonardo Donato, mosse il papa alle lacrime. 6 Egli promise alla repubblica tre decime, e le accordò un uditore alla Rota. 7 Dopo la solennità del 10 ottobre, gli inviati furono ricevuti ancora ripetutamente in udienza. Durante queste, oltre agli interessi italiani si parlò pure della questione turca. Con loro somma soddisfazione gli ambasciatori ebbero da Sisto l'espressa assicurazione, che egli non intendeva compromettere la « Serenissima Repubblica ». « Noi sappiamo, disse, che essa cerca di vivere in buon'armonia col sultano, perché non è in grado, di condurre da sola la guerra contro lui. Ora ci lascia in pace, perché ha da fare con i persiani. Utilizzate però il tempo, che esso vi lascia. Preparatevi in silenzio, attendete sin che noi siarn pronti all'attacco. Sventuratamente gli altri principi attendono solo a soddisfare il loro orgoglio ed anche a peggio. Essi perderebbero volentieri un occhio, se potessero cavarli tutti e due ad un altro. Si ostacolano, reciprocamente nel fare del bene, e le loro ostilità vicendevoli vanno a vantaggio del comune nemico.

Perciò la signoria dissimuli, si freni, ci aiuti in segreto, ma attenda, finché gli altri principi abbiano attaccato battaglia contro i Turchi. Allora solo potrà essa prenderci parte. Era appunto questa la nostra opinione, quando noi eravamo cardinale, ma non ci si dette ascollo. Quindi noi consigliamo alla Signoria la prudenza. Troppo spesso naviganti veneziani commettono atti di violenza nel levante. In tali casi la Signoria, per dar soddisfazione ai turchi, doveva punire i colpevoli, ma non troppo severamente, così ad es., mai per causa dei Musulmani tagliar la testa ad un cristiano. Era questo pure il sentimento dei buoni vecchi senatori, che durante la nostra permanenza in Venezia abbiamo spesso inteso parlare a riguardo ».

Passando alle faccende d'Italia, il papa insistette su la necessità della concordia dei singoli Stati, che assicura la pace dell'Italia. Raccomandò sopratutto buona intesa con il granduca di Toscana. Pensava, che in generale i principi italiani dovrebbero essere fedeli gli uni agli altri, ma senza concludere alleanze o leghe.  Si vede con quale prudenza Sisto V insistesse per un accordo degli Stati italiani, senza desiderare una troppo stretta alleanza fra di essi, da cui facilmente potrebbe essere sopraffatto il sovrano degli Stati della Chiesa.

Gli inviati veneziani per l'ubbidienza furono creati da Sisto cavalieri e muniti di privilegi. Essi poi furono soddisfatti ugualmente come il papa. Il loro scopo principale, consolidar l'amicizia con il nuovo capo della Chiesa, fu da essi potuto raggiungere tanto più facilmente, in quanto Sisto per la sua posizione in Italia e in vista dell'ultrapotenza della Spagna, dava il massimo peso alle buone relazioni con la repubblica di S. Marco. 10 Generosamente dimenticò il contegno ostile, che un giorno gli fu dimostrato in Venezia, quale inquisitore. 11 Avendo in animo di mantenere dapertutto buone relazioni con i governi, in particolare con quelli di Italia, 12 non gli venne in mente di fare un'eccezione con Venezia. La sua intenzione era piuttosto, di stringersi strettamente allo Stato, che solo in Italia accanto a quello della Santa Sede aveva ancor mantenuto la sua piena indipendenza.

A ciò si aggiungeva un'altra ragione : come antico inquisitore Sisto V teneva dietro con particolare attenzione al pericolo del diffondersi in Italia delle innovazioni su la fede. Come egli per questo motivo aveva appoggiato le ambiziose aspirazioni del duca Carlo Emarmele di Savoia per la conquista di Saluzzo e di Ginevra, l'asilo di molti protestanti italiani, così pure vide nella repubblica di Venezia un baluardo contro il penetrare in Italia delle dottrine luterane. 13 

In tali circostanze fa facile, all'ambasciatore ordinario della Repubblica di San Marco, Lorenzo Priuli, di conservare le migliori relazioni con la Santa Sede. Ma ancora di più, egli si conquistò la piena fiducia del nuovo papa. Questi aveva a tal punto obliato gli antichi dissapori, che Priuli deduceva i buoni sentimenti del papa dalla sua lunga dimora nel territorio della Repubblica. Durante questo tempo, così scriveva egli, (probabilmente trascrivendo le espressioni pontificie) Sisto V ha imparato a conoscere la grandezza della Repubblica, il suo esimio sistema di governo, la pietà dei suoi abitanti, la sua grande storia e la tradizionale amicizia con Roma. Da ciò è venuto, che forse nessun papa precedente abbia dato ai veneziani, in così breve tempo, tante prove di,favore e di affetto, come Sisto V. Ripetutamente questi ha concesso più che non sia stato chiesto, e tutto con parole così benevoli e non ostante le opinioni opposte della maggioranza dei cardinali, cosicché chiaramente si riconosce quanto egli apprezzi Venezia. 14

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1 Vedi PRIULI, Relazione 308 s. Cfr. le * Lettere di Priuli del 30 novembre e 28 dicembre 1585, Archivio di Stato in Venezia; inoltre MUTINELLI I, 171 s.
2 Vedi la * Lettera di Priuli del 1° giugno 1585. Archivio di Stato in Venezia. Su la missione in Persia, riguardo alla quale la risposta giunse appena nel 1589, v. CHARRIÈRE, IV, 571. Cfr. pure REICHEMBERGER I, 313 s. e ORBAAN. Sixtine Rome 57. Anche col sovrano della Georgia furono iniziate trattative intorno ad una guerra contro i turchi: v. SERRANO, Arch. de la Embajata de España, I  Roma 1915, 54.
3 Vedi HÜBNER I, 409 s. Il * Breve di nomina di Costa, è in data 1585 giugno 22, nell'Arm. 44, t. 30, Archivio segreto pontificio.
 Così la sospensione del diritto d'asilo ammessa per tre anni : v. il * Breve al doge in data 1585 settembre 20, originale nell' Archivio di Stato in Venezia, Bolle.
5 Vedi la * Relazione di Priuli del 21 settembre 1585, Archivio di Stato in Venezia. * II Papa, così dice un'Avviso del 28 settembre 1585, ha tuttavia gran voglia di fare una lega di tutti principi cattolici contro tutti li diavoli terrestri. Urb. 1058, p. 424. Biblioteca Vaticana.
Vedi Descrisione della comitiva e pompa con cui ando' e fu ricevuta l'ambascerìa dei Veneziani al p. Sisto V l'a. 1585 fatta da F. Pigafetta, gentilr huomo al seguito, p. p. Giov. da schio, Padova 1854 (Pubblicaz. Nuziale). Intorno a Marcantonio Barbaro v. l'edizione di lusso di CH. YRIARTE: La vie d'un patricien de Venise au 16e siècle, Parigi 1884. Intorno all'ingresso dell' ambe sciata d' obbedienza in Roma, vedi pure la * Relazione di C. Capilupi del 9 ottobre 1585, Archivio Gonzaga in Mantova.  
6 Vedi * Acta consist. nell'Archivio concistoriale in Vaticano e la * Relazione di C. Capilupi del 12 ottobre 1585, Archivio Gonzaga in Mantova.
7 Vedi GUALTIERUS, • Ephemerides 49, Biblioteca Vittorio Emanitele in Roma.
Vedi HÜBNER I, 411 s.
9 Per mezzo d'un * Breve del 22 ottobre 1585 Sisto V ringraziò il doge, Pasquale Cicogna, per la prestazione d'obbedienza : Fuit nobis eorum adventus actioque ipsa longe iucundissima. Multa etiam apud nos privatim egerunt magna cum testificatione pietatis, prudentiae exiniiarumque virtutum tuarum. Orig. Nell'Archivio di Stato in Venezia.
10 v. CHARRIÈRE IV, 402 ss. Cfr. BALZANI, Sisto p. 36.
11 Cfr. su ciò la presente opera. Vol. VII, 506 s.
12 Cfr. PRIULI 317 s.; GRITTI 345; BROSCH I, 295. Intorno alle relazioni con il granduca di Toscana v. REUMONT, Toskana I, 327 s., 380. Cfr. HÜBNER lI, 62 s.
13 Vedi BALZANI, Sislo V, p. 36 ss. Intorno a Saluzzo v. sopra p. 224, n. 3. Sisto V era già per se stesso favorevolmente disposto per i progetti del duca di Savoia contro Ginevra, quel maledetto nido d'heresia (v. Quellen zur schweiz. Gesch. XXI, 432 s.). Già nel maggio 1585 egli si dichiarò pronto a prendervi parte (v. RAULICH, Carlo Emanuele 1, 244), e vi rimase fermo nonostante tutti gli sforzi in contrario della Francia; egli si fece indurre ad un piccolo ritardo, nel marzo 1586 (ibid. 256). Quando l'impresa divenne impossibile, egli si lamentò nel giugno 1586 del lento procedere di Filippo II (ibid. 275). Nel principio del 1589 il duca di Savoia tornò a progettare l' attacco contro Ginevra ; invece il papa, che allora era del tutto occupato dalla pacificazione della Francia, ritenne ora l'impresa per inopportuna (v. ibid. Il, 59). Con una * Lettera dell'8 maggio 1589, egli fece presente insistentemente al duca il pericolo al quale si esponeva (Orig. nell'Archivio di Stato in Torino): con una * Lettera del 6 giugno, egli promise 100.000 scudi, se Ginevra venisse conquistata nell'anno corrente! (Ibid.) Nell'agosto 1589, il riguardo all'attacco di P'ilippo II contro l'Inghilterra, influì che il papa negasse il suo soccorso (RAULICH II, 70). Con Lettera del 12 ottobre 1589 Sisto consigliò al duca prudenza « perché le cose fatte con poco conseglio tolgono l'honor, la roba et alle volte la vita » (Archivio di Stato in Torino). Il riguardo per la Francia, predominante tutto, condusse poi dal marzo 1590 Sisto V ad animare ancora una volta il duca all'impresa di Ginevra, per distoglierlo dalla Provenza. (V. RAULICH II, 138, 156).
14 Vedi PRIULI 319 s. Cfr. ibid. 324 s. intorno alla posizione dei cardinali verso Venezia.

 

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