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SISTO V VISITA TERRACINA

Il viaggio viene organizzato in tutta fretta per i giorni seguenti, ben­ché papa Sisto non si trovi in ottimo stato di salute e fu un viaggio vera­mente trionfale.

Inviato il card. Enrico Caetani come legato in Francia per sostenere la lega cattolica e date istruzioni particolareggiate sul come difendere le volontà del papa presso quella corte, Sisto V parte da Roma alla volta delle Paludi Pontine. Di buon mattino, l’11 ottobre si muove in lettiga percorrendo la Via Appia; si ferma a Marino per il pranzo preparato dal Card. Ascanio Colonna “nobilmente e magnificamente nella sua Rocca” e prosegue per Velletri. È accompagnato dai cardinali Onorato Caetani, Sauli, Gallo, Colonna, Pallotta e Montalto; questi ultimi due direttamen­te interessati alla bonifica perché ivi possiedono proprietà e ville (3).

Alla Faiola gli vanno incontro 250 archibugieri, inviati dalla città di Velletri, che lo scortano fino alla Cattedrale di S. Clemente dove sosta “in oratione all’altar maggiore. Poi rimontò a cavallo e se ne andò ad al­loggiare al Palazzo della Comunità in alto”. Il giorno seguente di buon mattino, dopo aver udito la messa celebrata dal suo cappellano ed aver fatto dono di 50 scudi al capitolo e di altri 25 agli archibugieri prosegue il viaggio per la palude(41.

Va a Sezze.

stemma papasisto sermonetaA Sermoneta è ospitato dai Caetani (5). Onorato IV Caetani raccon­ta di aver ricevuto a Sermoneta Sisto V con tutto il seguito: 1.000 uomini e 700 cavalli.

Il giorno seguente va a Sezze, alloggia presso la nobile famiglia dei Normisini, già signori del castello di Trevi. Mentre è a Sezze, per osserva­re bene i lavori che si stavano eseguendo nella sottostante pianura, si reca in una località apertissima, a metà strada della mulattiera che porta dalla città al monte di Trevi. Da quell’altura si può scorgere tutta l’estensione della palude, dal mare di Terracina al monte Circeo, dai laghi di Caprolace e di Fogliano fino ad Anzio. Si dice che il papa si sia seduto sopra una pietra levigata, trattenendosi a lungo e abbracciando così in un unico col­po d’occhio tutto il panorama della bonifica. Quella pietra ancora oggi è chiamata dalla gente del luogo Pietra del papa o Sedia di Sisto (6).

SediaPapa ph.setino 2015Si dice pure che in quell’occasione al papa si siano presentati alcuni banditi di Sonnino per fargli atto di sottomissione ed implorarne gra­zia (7). Forse è da questo episodio che una mala lingua, di parte spagno­la, come Gregorio Leti, possa scorgere nella visita di Sisto alle paludi un secondo fine. Egli scrive nella biografia di Sisto che il papa si “era porta­to a Terracina fingendo di voler personalmente assistere a rendere secche quelle paludi; ma in effetto il suo disegno era di attaccare il Regno, onde avisati di ciò gli Spagnoli ch’era lungo tempo che havevano questo sospetto, mandarono ne’ confini del Regno quattro mila scelti soldati sotto la condotta del Signor Spinelli; ma effettivamente essi temevano il Pontefice molto più de’ Banditi con li quali si sparse fama, che il Pontefice tenesse qualche occulta pratica, e ch’essi essendo forti di dentro, subito che l’armi Pontificie havrebbero entrati dentro i confini, si sarebbero uniti”(8).
Pensare che Sisto V voglia tentare una impresa di guerra contro Napoli è una vera “pazzia”, considerata la maniera con cui si reca nella regione pontina, e cioè senz’armi, senza un soldato e con un seguito formato di soli sei cardinali, per lo più vecchi e malandati in salute.
Certamente nella sua breve visita in Sezze, papa Sisto avrà ascoltato il desiderio di quella comunità di poter aprire una scuola pubblica in città. I Setini hanno avuto modo di far conoscere al pontefice la volontà testamentaria di lasciare un legato di scudi 3.000 alla Compagnia di Gesù perché aprisse un collegio in Sezze. Ritornando a Roma Sisto approfondisce il problema dell’apertura della scuola di Sezze con i superiori della Compagnia di Gesù e fa stendere una Bolla di erezione, richiamandosi all’atto notarile di donazione del Pilorci stipulato a Roma il 27 febbraio 1589, nello studio del notaro Antonio Bruto (9).

castello San Martino Priverno ph.radioluna.itSosta a Priverno.

Il 13 ottobre papa Sisto continua il suo peregrinare verso Terracina, sosta a Priverno ospite della villa S. Martino dal Cardinale Tolomeo Gallio. Fa ingresso in città con ingenti constructo apparatu, ac donis presen- tatis, pro tanti Principis adventu, come annota il notaio Pennazzolo nei suoi registri(10). Subito dopo aver consumato il pranzo nella villa S. Martino prosegue verso Terracina.

A Terracina Sisto V sosta più a lungo: due giorni vengono trascorsi dimorando presso i confratelli dell'Ordine dei Minori Conventuali, nel convento di S. Francesco.

 

A Terracina.

Lo storico terracinese, Domenico Contatore, ricorda che all’epoca sua esiste ancora un libro delle entrate e uscite tenuto dai Minori Conventuali di Terracina con l’elenco delle spese sostenute per la presenza del papa: die sabbathi decima quarta et die Lunae decima sexta mensis octobris 1589. A queste contribuiscono le offerte delle poche persone rimaste in vita dopo la tremenda epidemia del “castrone” che ha colpito la città.
Egli afferma ancora che nostra aetate [1706] spectabatur in atrio Ecclesiae Conventus praed. fratruum, ubi prelibatus Pontifex commoratus est non indecens in pariete bene levigato pictura sulla quale è rappresentato lo stemma di Sisto V, il viceré di Napoli che si inginocchia ai piedi del pontefice ed il pontefice rivestito degli abiti pontificali che solleva la destra in atto di benedire. Il Contatore continua esprimendo il suo stupore nel vedere che quella pittura, oggetto di ammirazione nei suoi giovani anni, ora [cioè nel 1706] incuriosi eiusdem Conventus laici dealbarunt, tanto che della pittura appena si può vedere solo qualche segno(11).
Certo, la pittura non deve essere un’opera d’arte ed è dovuta, quasi certamente, alla mano di un fraticello dilettante o di un artigiano locale. Se conservata, ricorderebbe ai posteri un avvenimento della storia locale di notevole interesse.
Sisto V a Terracina riceve l’omaggio del viceré di Napoli, presentatogli per mezzo del figlio appena ventenne. Bertinoro, segretario del papa, il nunzio Gloriero e il cardinale Onorato Caetani sono pregati dal papa di recarsi al porto di Terracina per ricevere il figlio del viceré che “con tre galere del Regno e con quelle della Sede Apostolica veniva a fare complimenti con S. Santità”. Dà poi ordine ai cardinali del seguito di “intrattenere, et banchettare questo Signore ricevuto poi dal Papa con suo gran gusto hilarissimamente...”
La domenica mattina il papa, celebrata la messa nella cattedrale, riceve sulla antistante piazza, alla presenza di 80 cavalieri “incollonati tutti et con livree et sussiego” “riceve superbo rinfrescamento, che haveva portato [il figlio del vicere] a S. Santità di valore di circa 15 mila scudi”.

Il cronista del tempo, nell 'Avviso di Roma del 21 ottobre 1589, fa una descrizione dettagliata dei doni inviati dal viceré di Napoli al papa, e “cioè 10 bovi, cento castrati, altrettante vitelle, et di tutti gli animali simili quadrupedi cento d’ogni serie vivi, et così de Bipedi tanto silvestri come domestici, volatili di tutte le specie, casse di mostaccioli, confetture, et varie sorti di aste et delicature Napolitane, cere, confettioni, vini preziosi, et un studiolo di ebano finito d’oro et dentro pieno di cose preziose”. Il papa lo ringrazia e ricambia “facendogli dono di un bellissimo Agnus Dei guarnito, et di altre cose di devotione”(12).

cattedrale s.cesareo terraSisto V fra i lavoratori nelle Paludi.

Sisto V vuole anche “vedere le Paludi Pontine dissecate, et mangiare una volta sopra quel luogo”, ci riferisce ancora il cronista degli Avvisi. Senza curarsi di strapazzi e di disagi, papa Sisto gira ovunque per i terreni della palude per vedere ogni cosa con i propri occhi. A volte percorre trenta miglia a cavallo, tallonato a stento dai cardinali del seguito, offrendo a quelle popolazioni uno spettacolo talmente insolito che ancora un secolo dopo, i vecchi raccontano di Sisto V con l’ombrella in mano, che sollecita gli artefici e sta di persona a vedere quanto si va facendo, ha sempre a fianco i cardinali Onorato Caetani, Montalto, Pallotta e Gallo, particolarmente interessati ai lavori, che hanno già prosciugato tutta la parte bassa di Piscinara e le tenute di Mesagne e delle Zannette (13).
Abbiamo notizie certe che papa Sisto ha passato una notte nelle paludi. Nella tenuta di Carrara è innalzata in tutta fretta una trabacca dove il papa pernotta il 14 ottobre; a quel sito ancor oggi viene dato il nome di “Padiglione di Sisto(14).
A Terracina, dunque, il papa si trattiene più a lungo. Il motivo va ricercato nel fatto che intende ripristinare l’antico porto romano che, insieme a quello di Civitavecchia, è uno dei due porti dello Stato Pontificio in attività sulle spiagge tirreniche. Si consulta con i cardinali e gli ingegneri. Costoro, nonostante il pontefice insista che si deve “nettare per ponerlo in uso”, giudicano “che fosse di minore spesa il farne un’altro di nuovo”. Ma Sisto è convinto della pericolosità di tale impresa: la non opportunità viene sollevata non tanto dall’entità della spesa, che Deo gratias etiam si opus esset m/sc. alla quale farebbe fronte quanto piuttosto dal dubbio che, quanto vuole intraprendere per comodità dei suoi vascelli, non possa poi servire ai nemici. Infatti quel porto si può costruire solamente in luogo distante dalla città e dai suoi abitanti (15). Per nemici il papa intende senz’altro i pirati barbareschi e non il regno di Napoli, come vuole intendere il Leti.
Il pontefice nel rientro a Roma dovrebbe “passare attraverso Nettuno, per vedere il porto di Anzio che bisogna far nettare et ponere in uso”, come è stato stabilito nel programma preparato alla fine di settembre. Lo troviamo invece sulla via del ritorno di nuovo ospite del cardinale Gallio, nella villa di S. Martino il 16 ottobre e il giorno seguente nella città di Priverno. Infine publice et pontificaliter comitando passando per Cisterna e ‘’La Riccia” fa ritorno a Roma ad suam Sanctam Sedem (16). Forse questo repentino cambiamento di itinerario può essere spiegato dal dubbio che anche il costruendo porto di Anzio e la nuova strada litoranea tra Ostia e Gaeta, possano essere più utili ai nemici, cioè pirati barbareschi, che non alla flotta pontificia.

Si deve supporre che papa Sisto abbia abbandonato l’intento di visitare Anzio forse per le incipienti sfavorevoli condizioni climatiche. Infatti, gli Avvisi di Roma ci forniscono notizie particolareggiate sulle piogge e le piene che distinsero la fine del 1589 e parte del 1590 e che causarono veri disastri non solo nei pressi di Roma, ma in tutta Italia. Le piogge di quell’inverno fecero fallire, stando alle notizie riportate dagli Avvisi di Roma, il prosciugamento delle Paludi Pontine. Ecco quanto scrive il giornalista il 4 aprile 1590: “È ben vero che le Paludi Pontine prosciugate l’anno scorso... sono ritornate nello stato primitivo per le piogge incessanti; e si calcola che piove da più di duecento giorni senza sosta. Queste piogge però non avrebbero causato tanti danni [alle Paludi Pontine] se le alte maree non avessero impedito il deflusso delle acque attraverso i due fiumi creati allo scopo(17).
Anche se poi Sisto V, rientrato in Roma, parlerà di stagione primaverile trovata nel suo viaggio, nell’ultimo giorno trascorso a Terracina, e più propriamente in una baracca della macchia di Terracina, nei pressi di torre Olevola, avrà incontrato le prime avvisaglie di pioggia.

Palazzo Caetani Cisterna ph.wikipediOspite a Cisterna nel palazzo Caetani.

Dopo la sosta nella villa S. Martino di Priverno, troviamo Sisto V nel castello Caetani di Cisterna, ospite del cardinale Onorato, il quale or­ganizza in suo onore una caccia nella macchia di S. Biagio e nel sontuoso banchetto, offerto sul posto, si legge in una lettera di Onorato Caetani, “S. Santità ebbe gusto nel vedere uscire il vino dalle querce come l’acqua dalle fontane, correre caprioli e volar fagiani” (18).

Non sappiamo quanti giorni si ferma a Cisterna. Forse fino al 23 ot­tobre stando a quanto scrive il ‘’menante” urbinate nell'Avviso di Roma; egli annota, infatti che il “Matteucci nuntio di S.S. in Venetia domenica sera fu sopraggiunto da un incidente”; teme di dover recarsi a Sermoneta per “poter udire S. Beatitudine”; ma per fortuna “il papa questa mattina è comparso con buona cera, et fatto un banchettone nel nuovo Palazzo Lateranense a tutti li cardinali et forasteria, che haveva seco, ritirossi in Vaticano(19).

Nel concistoro del 25 ottobre papa Sisto fa una dettagliata relazione del felice viaggio in Terracina, della stagione primaverile che vi ha incon­trato (de tempore, quod non fuil. aestivum neque autumnale sed ver­num),della magna laetitia di quelle popolazioni che l’hanno accolto ac­clamantes et congratulantes de tranquillitatedel porto di Terracina da demolire e ricostruire, dei banditi che più non esistono a molestare terri­torio e popolazioni. È una visita veramente trionfale, pur rapidissima, durante la quale le città attraversate gli prestano un’insolita quanto mai sontuosa accoglienza. Dovunque passa gli si presentano felicitazioni per aver restituito la sicurezza e la tranquillità a quella regione tanto infestata da banditi e per aver infuso la speranza di una vita migliore in quella po­vera gente.

Ma la palude che Sisto si gloria di aver sconfitto, finisce per aver ra­gione di lui. Forse perché si è avventurato incautamente in quei luoghi “quando l’aere non era ancora purgato bene dal freddo”, forse perché si sottopose a fatiche oltre misura, cade vittima dell’inesorabile malaria, che lo porta alla tomba, il 27 agosto 1590, a meno di un anno di distanza da quella visita (20).

L'impresa sistina elogiata dai contemporanei.

A ricordo del viaggio in Terracina e della veramente titanica opera di prosciugamento delle paludi Pontine restano tre grandi affreschi. Il primo è conservato nella sala Sistina della Biblioteca Vaticana e vi è rap­presentato il porto di Terracina con lo sfondo di monti e città. Un distico elogiativo dell’impresa sistina recita:

Pontinas Sixtus potuit siccare paludes

Fontibus ut potuit sicca rigare loca.

Sisto ha potuto prosciugare le paludi Pontine

dalle sorgenti come ha potuto irrigare i luoghi aridi.

Il secondo affresco, staccato e collocato prima nell’istituto Massimo alle Terme, nel Palazzo cioè di papa Peretti, ed ora, dal 1950, conservato nella cappella del nuovo collegio dei Gesuiti all’EUR di Roma, rappre­senta tutto un rifiorire di verde e di vita nella pianura Pontina in cui si versano canali ben regolati di acque dalle montagne. Anche qui un disti­co elogiativo:

Cur Driades video virides laniare capillos

An quia stagnantes Sixtus ademit aquas?

Perché vedo le Driadi strapparsi i verdi capelli?

Forse perché Sisto le ha private delle acque stagnanti?

Il terzo affresco si trova nel salone principale, al primo piano, del Palazzo Laterano. Vi sono rappresentati i porti di Terracina e Civitavec­chia che il pontefice intendeva ripristinare.

Gli scrittori, specialmente del Seicento e del Settecento, che trattano il problema delle paludi Pontine, affermano che i tanto ammirati lavori sistini non hanno resistito più di qualche anno e che, dopo la morte di Sisto, l’impresa viene abbandonata dai bonificatori. Indicano concorde­mente nella “avidità del presente copioso guadagno” e nella “innata vo­glia dei paesani di pescare”, la causa principale del fallimento della boni­fica sistina.

Vi è chi ha tentato di dimostrare che il progetto di bonifica fosse inu­tile e nocivo: inutile perché la bonifica è stata solo apparente “essendo le paludi state sempre, prima di ogni proposito di bonifica e nocivo in ri­guardo l’aria, che diventerà più nociva...” e perché “i pantani si priveriano di pesce in pregiudizio de’ canonisti, e di quelli che vi hanno le peschiere, con ragioni... antichissime”, antiche quanto le paludi stesse(21).

A conferma di questa opinione sono le numerose suppliche degli abitanti delle comunità interessate alla bonifica, che miravano ad ottene­re dai successori di Sisto V la revoca delle concessioni e la reintegrazione degli antichi proprietari nei loro diritti. Nei primi venti anni del secolo XVII, non esiste altro materiale relativo all’agro pontino al di fuori di questo tipo di documentazione.

Già al principio del secolo, un acuto osservatore politico, quale Giovan­ni Botero, spiegava il fallimento del tentativo sistino col fatto che papa Peretti vi aveva impiegato “non la spesa ma l’autorità” e suggeriva di affidare l’impresa “al popolo romano, o vero a qualche altro Comune ricco, ivi vici­no, o a qualche religione facoltosa, quale è quella di S. Benedetto, perché questa continuazione di spesa non è cosa di huomini particolari... e quindi avviene, che sendo stata fin hora in mano di persone private, a cui è mancato

o la vita, o la facoltà, ella non è molto perfettamente riuscita” (22).

Quindi non deve meravigliare se sotto i pontefici Aldobrandini e Bor­ghese, che aprirono il secolo l’agro pontino fu in pratica abbandonato a se stesso, sotto l’amministrazione di una apposita congregazione delle Pa­ludi, “quale si stenta a farla congregare ogni tre-quattro anni una volta”.

Si è scritto che l’impresa sistina naufragò con la scomparsa del suo autore. Morto Sisto V cessa l’ardore dei lavori, gli animi degli imprendi­tori si dividono, sono trascurati quei costanti lavori di manutenzione del­la parte risanata e la palude si riprenderà così molti dei luoghi dai quali era stata cacciata.

Anche se sostanzialmente esatta, questa affermazione non manca di essere in certo senso tendenziosa, perché pur essendo ben nota ed innega­bile la rapidità con cui i risultati sistini sono andati perduti, è altrettanto vero che una parte, sia pur modesta, di essi è sopravvissuta a lungo a pa­pa Peretti.

Secondo la testimonianza del Corradini, pare infatti che nel 1640 re­stassero ancora utilizzabili, di tutta la bonifica sistina, circa 2.000 iugeri (pari a circa cinquecento ettari) nel solo territorio di Sezze(23). Una per­centuale irrilevante, ma sufficiente a dimostrare la validità della bonifica, che era riuscita a mantenersi, nonostante il totale abbandono di ogni ma­nutenzione e che quindi a maggior ragione avrebbe potuto conservarsi, se ne fossero state custodite con maggior diligenza le opere.

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(1) Ms. Biblioteca Angelica.
(2) BAV., Urb. Lat. 1057, Avviso di Roma del 20 settembre 1589, f. 607; ASV, AC, lì, f. 125: 9 ottobre 1589.

(3) BAV, Urb. Lat. 1057, f. 61 Ir. I cardinali Montalto e Pallotta facevano pane della società della bonifica costituita dal Fenizi; il Montalto avendo sottoscritto quattro soldi e il Pallotta per un soldo delle complessive venti azioni.

(4) BIBLIOTECA VALLICELLIANA, ms. I, 47, fase. 6, f. 216: Itinera Summorum Pontificum ab Innocentio VIII usque ad Clementem VIII.

(5) cfr. DOMUS CAJETANA 1927, p. 202 ss.
(6) BOLOGNINI, 1759, p. 89; LOMBARDINI 1909, p. 167; CROCI 1904, pp. 34 ss.
(7) cfr. LOMBARDINI 1909, p. 172.

(8) LETI 1669, p. 464.

(9) BULLARIUM ROMANUM 1863, p. 995; BERTI 1974, p. 12, il quale afferma che i Sez-zesi ottennero i Gesuiti nella loro città nel 1589, per intercessione di Camilla Peretti, sorella di Sisto V. Ma è da tener presente che la Bolla pontificia porta la data del 1° marzo 1590, cioè dopo la visita di Sisto in Sezze. Nel 1592 ancora non era stata eretta la scuola dei Gesuiti, come ci attesta il Vescovo Luca Cardini; cfr. ASV, Vis. ad limina, 17 giugno 1592.

(10) ASL, A.N. Priverno, 35, f. 140. In un inventario redatto dal Canonico Giuseppe De Bonis, conservato nell' Archivio Capitolare di Priverno, è annotato che “Sisto Quinto fece molti doni alla Chiesa Cattedrale, che si conservano [circa 1838], nel 1589”. La notizia mi è stata fornita da Edmondo Angelini, che cortesemente ringrazio.

(11) CONTATORE 1706, p. 156.

(12) BAV, Urb. Lat 1057, f. 658, Avviso di Roma del 21 ottobre 1589 e del 28 ottobre 1589.

(13) cfr. DOMUS CAJETANA, 1927, p. 206.

(14) ASR, Mappe, Paludi Pontine, Cart. 51, n. 16. Nella pianta che viene pubblicata a p. 95 sono indicati i luoghi dove Sisto V pernottò e pranzò.

(15) ASV, A. Cons., 50, f. 287; AC, ff. 125-126.

(16) LOMBARDINI 1909, p. 174, il quale scrive che la visita di Sisto V a Cisterna è rammentata da un’iscrizione apposta nel palazzo Caetani a Cisterna, ove il papa si fermò durante il ritorno il 10 settembre 1589, ricevuto da quella famiglia. La data è evidentemente sbagliata.

(17) BAV, Urb. Lat. 1058, f. 52, Avviso di Roma del 4 aprile 1590.

(18) cfr. DOMUS CAJETANA, 1927, p. 334.

(19) BAV, Urb. Lat. 1057, f. 541, Avviso di Roma del 23 ottobre 1589.

(20) ASV, AC, 14, f. 220.

(21) BONADONNA RUSSO 1981, p. 518.

(22) BOTERO G., Discorsi intorno allo stato della Chiesa..., Venezia, 1608, p. 103.

(23) NICOLAI 1800, p. 132.

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