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La presunta "Casa di Sisto V" a Via di Parione

Pure Luigi Càllari nel volume: I Palazzi di Roma, nel 1907, ripeteva, come altri, tale supposizione, non riprodotta però nella seconda edizione del 1932, dopo quanto lo scrivente aveva pubblicato l’anno innanzi. (2)

In realtà Sisto V abitò in Vico opificum testudinum... dum cardinalatus fulgeretur honore, secondo un motu-proprio di Paolo V del 19 gennaio 1618. Lo stabile oggi è segnato col numero 21 e fu venduto, prima del 1608, dal principe di Venafro Michele Peretti, pronipote del Papa, al cavaliere gerosolimitano Orazio Ricci di Voghera. Non può sussistere ombra di dubbio, perchè nella porta di travertino restano bene visibili due ricci araldici del cavaliere acquirente, e vi si può ancora leggere parte del suo nome HORATIVS.

Tutto l’edificio .risulta un aggregato di più abitazioni so­lito a chiamarsi « casamento » ma che fu detto « palazzo » per averne ricevuta l’apparenza lungo il Vicolo de’ Leutari riunendo le due case, coi numeri 21 e 23, mediante un unico prospetto.

In un volume di regesti dell’Archivio Capitolino segnato: Notizie diverse dell’Ecc.me Fameglie Sforza, Peretti e Cesarini (Cred. XIII, tomo 17) rinviensi un’annotazione interessante, sopratutto perchè rivela la data in cui il futuro Papa piceno iniziò l’acquisto: « III. Sig. Cardinale Fra Felice Peretti compra la 4. parte del Palazzo alli Liutari da Giovan Battista Brugnitelli: f. adi 6 X.bre 1572 per atti di Claudio De Valle Not. Publ, della Sacra Inquisizione...».

Però, l’11 febbraio 1574, il cardinale stesso ebbe opportu­nità di prendersi altra casa, pel prezzo di 2050 scudi, acquistan­dola per interposta persona. Si trattava, secondo un documento dell’Archivio notarile della Camera Apostolica, « della casa che oggi (ossia nel 1870) porta i numeri 68, 69, 70 situata nella via papale (ora Via del Governo Vecchio) Rione Parione all’an­golo di un viottolo » (3) ( cioè Via de’ Leutari, il Vicus citha­ristarum dei documenti o anche Vicolo di S. Lorenzo ). Era quella in cui Vittoria Accoramboni, sposata l’anno innanzi allo sven­turato Francesco Peretti, aveva potuto farsi occhieggiare da Paolo Giordano Orsini, cupidamente sospiroso di lei, nell’attigua sua magione all’angolo opposto della piazza.

Infatti, altra annotazione del citato registro dell’Archivio Capitolino, rivela che, a dì 29 novembre 1601, per mano del Ferranti notaro, « L’Ill.ma Sig. Camilla vende una casa non compresa nella donazione generale da lei fatta a favore dell’III. mo Sig. Michele Peretti e suoi discendenti futuri posta in Pa­rione in un angolo della Piazza di Pasquino dove la medesima à imposto diversi censi fruttiferi e la detta vendita la medesima la fa per il prezzo di scudi 2 mila a favore dell’III.mo Signore Horacio Ricci...».

Secondo un’altra registrazione del regesto, Camilla Peretti aveva dato « in locazione una bottega posta in un angolo della Piazza di Pasquino per scudi 162 Vanno, a dì 20 luglio 1598 ». Senza dubbio doveva trattarsi di una bottega della casa mede­sima non compresa nella donazione (già occupata dall’Accoram- boni) e che, coi tre monti nella lunetta in ferro del portone, avente il n. 84, reca tuttora il segno del possesso dei Peretti. E sarebbe perciò quella casa che, secondo il Pastor (4) il giovane architetto Domenico Fontana aveva non « edificato », ma solo riparato convenientemente per abitazione del nipote del futuro Papa.

Il  prezioso regesto Capitolino annota pure l’acquisto, da parte del cardinale Peretti, di un’altra porzione del palazzo compreso fra quello già in suo possesso col n. 21, e quello poi asse­gnato al detto nipote Francesco, sposo dell’Accoramboni, por­tante oggi il n. 23.

Per quanto il testo si limiti alle parole : « lll.mo Cardinal Felice Peretti compra una casa posta in Parione da Felice Avilla (?) a di 25 Gennaro 1575 », (atti Cavallucci) non potrà trat­tarsi, certo, del palazzetto di Via Parione 7, considerato che poi, il 2 maggio dello stesso anno 575, si ritrova altra scrittura, per atti del notaro medesimo, a fine di fare risultare che la Camilla affittava « il suo palazzo posto nel Rione di Parione nel vicolo de’ Liutara all’lll.mo e Rev.mo Sig. Cardinale fra Felice Peretti per scudi 400 l’anno ». Mentre questi contemporaneamente fa­ceva stendere, sempre dal Cavallucci, « Instrumento di specifica­zione di diversi acconcimi ovvero bonificamenti fatti dal mede­simo Cardinale ad effetto di bonificarsi in tante pigioni ».

La sorella di Sisto V istituì erede universale Michele, suo nipote, con testamento del 22 aprile 1589 per atti di Francesco Picchi. Ciò fece in occasione del matrimonio delle nipoti Flavia ed Orsina. Ma che, oltre la parte del palazzo segnato col n. 21, lasciasse a lui ancora quella contigua col n. 23, è confermato da una quarta compera fatta dal cardinale suo fratello (ancora pel notaio Cavallucci) il 4 maggio 1576, come annota il regesto suindicato, pagandone il prezzo in scudi quattromila a Fulvio de Arcangeli. Però l’austero fra Felice, tenendo bene a salvare le apparenze, il successivo 28 novembre, rilasciò « una dichiarazione sopra la compra fatta della casa da Fulvio de Arcangeli non esserci solo che il puro nome e che è di Camilla Peretti ».

La somma troppo modica pagata per questa nuova casa la­scia comprendere che nemmeno essa può identificarsi con lo sta­bile di notevole ampiezza a Via di Parione 7, ma piuttosto va ritenuta facente parte del conglomerato di abitazioni retrostanti a quelle coi portoncini segnati coi numeri 21 e 23 che si affac­ciano nell’odierno Vicolo della Cancelleria, rinforzate dal cava­liere Orazio Ricci con cinque brutti speroni segnati col suo no­me, gli anni 1608 - 1609 - 1614, e il motto argutamente tratto dall’Evangelo: Hoc fac et vives!

In vero Michele Peretti, oltre la parte di palazzo ceduta al Ricci, il 20 settembre 1601 (per il Ferranti notaio Capitolino) a « fine di estinguere molti censi », vendette « una casa con altre casupole posta al vicolo che va nella Piazza Pasquino per scudi 4500 a Lucio Calderini », il quale fu scrittore dell’Archivio della Curia Romana, segretario e cancelliere della Rev. Camera Apo­stolica dal 1492 al 1602. Niun dubbio si tratti d’una porzione di palazzo unita a quella avuta dal cav. Ricci e affittata già, in parte, da donna Camilla il 9 maggio 1594 a tale « Matteo di Macidonia cimbalaio » in luogo di un tal Giorgio cimbalaio anch'esso, perchè l’atto di donazione fatto dallo stesso Ricci a S. Ma­ria del Pianto nel 1614 (5), specifica il « casamento posto nella via de’ Leutari in mezzo fra S. Lorenzo in Damaso e la Piazza di Pasquino, il quale d’una banda confina con il signor Lucio Calderino, e li beni degli eredi del quondam Baldassar Guglielmo (6), dinanzi la detta strada de' Leutari e di dietro il vicolo che non ha uscita (cioè il Vicolo Sacca Lupo, oggi della Cancel­leria) il quale partendosi dalla strada Parione conduce alle stalle dell’lll.mo e Rev.mo Card. Montalto » (7).

Infatti il cardinale Alessandro Peretti, o « Montalto », era vissuto coi fratelli Michele, Flavia, Orsina e i genitori Maria Felice Mignucci e Fabio Damasceni (sposatisi il 9 ottobre 1570) precisamente nel « palazzo » acquistato dal Ricci e dal Calderini. Riporta il barone De Hübner che appena conosciutasi l’elezione di Sisto V, l'ambasciatore di Venezia Lorenzo Priuli corse a of­frire le sue congratulazioni a donna Camilla. La trovò, sì, nel quartiere Parione, ma in una casa ristrettissima e di borghese aspetto. La semplicità di questa abitazione e la povertà del mobiglio fece trasecolare il Priuli, mentre il futuro cardinale Ales­sandro, ancora adolescente, « indossava un abito più che logoro ».

Quella porzione di palazzo rivenduta al Calderini, ossia col n. 23, presenta su l’architrave marmoreo della porta una co­rona di perucce con entro uno scudetto adorno d’un leone vaiato e rampante. Certo lo stemma fu scolpito prima del cinquecento e la relativa somiglianza con quello del grande papa piceno fu ottenuta sopprimendo un libro su l’artiglio del leone e scal­pellando la corona dalla sua testa, secondo lascia intendere l’Amayden (8) il quale, nella Stona delle famiglie romane (vol. I, p. 428), scrisse essere già stata quella casa di Nardo Gottifredi e poi dell’archiatra Giacomo su figlio (9).

Così fu caso che compratore del casamento fosse un cava­liere vogherese con quello stesso cognome Ricci della famiglia paterna di Sisto V, erudito, fanciullo, dal pro-zio padre Salva­tore Ricci presso tale Pio Umili da Patrignone.

Per concludere, oggi sono tante le prove della dimora fatta da quel gran Pontefice, e da tutti i suoi, nelle case al Vicolo de’ Leutari, a partire dal 1572 sino al trasferimento alla villa su l’Esquilino, (dopo la tragica morte del nipote Francesco ai 17 aprile 1581) che non resta luogo a dubbi per negare essergli appartenuta pure la casa a Via di Parione 7.

Col nome di Via Parionis trovasi segnata l’attuale Via del Governo Vecchio nella grande pianta di Roma di Mario Cartaro del 1576, e in quella di Giovan Battista Falda stampata da Giov. Giacomo de Rossi nel 1676; perciò non deve confondersi come fece l’Hübner (10) seguito da Giuseppe Cugnoni (11) e Gregorovius (12) con la strada odierna. Questa prendeva nome da S. Tommaso in Parione consacrata da Innocenzo II il 21 di­cembre 1139 ove congregavasi, dal quattrocento, la corpora­zione degli scrittori o scrivani e copisti, e dove S. Filippo Neri ricevette il sacerdozio a 36 anni, prima della ricostruzione fat­tane dai fratelli Cerrini, nel 1582, con architettura di Francesco Volterra.

Resta dunque stabilito che, finora, nessuno dei documenti venuti in luce si riferisce al palazzetto posseduto dal Pio Soda­lizio dei Piceni su la presente Via di Parione. Camilla Peretti solita a destreggiarsi negli affari, fabbricando persino dei magaz­zini da grano a Termini, comperava continuamente. La lista delle case, casette e botteghe si riscontra più lunga di quanto siasi fatto noto. Domenico Gnoli ricordò un palazzo alla Pi­gna (13) e un altro in Borgo Vecchio: il palazzo Martelli (14). Invece è il palazzo dei Convertendi, fra Borgo Vecchio e Borgo Nuovo, che trovasi acquistato da Camilla, il 22 novembre 1586, per diciotto mila scudi dal nipote ed erede del Card. Giovan Francesco Commendone mons. Antonio Cocco allora abate di S. Galgano a Volterra (15). Si tratta, insomma, del palazzo com­messo al Bramante da Adriano dei Caprini, protonotaro apo­stolico, poi acquistato incompiuto da Raffaello nel 1517, vo­lendosi accasare con la Bibbiena. Egli vi mori, e le mura avendo sofferto, fu ammodernato e ingrandito dall'architetto Annibaie Lippi a cura del card. Commendone il quale ne era venuto in possesso il 28 maggio 1576 (16).

Camilla Peretti, in Borgo Vecchio, acquistò anche una casa della Compagnia degli Speziali di Roma, ai 28 giugno 1588, per scudi 408,74 (17).

Note

(1) Vedi in Archivio del Pio Sodalizio dei Piceni nel Rubricellone, a c. 189 v.

(2) Vedasi il numero unico, fuori commercio: Pio Sodalizio dei Piceni - La nuova Sede nel Palazzetto di Sisto V. Roma, Fratelli Palombi, 1931, e i giornali « Il Messaggero Meridiano» del 27 aprile 1931, « La Tribuna » del 10 gen­naio 1932.

(3) A. De HÜBNER: Sisto V. Roma, 1887, vol. I, p. 178.

(4) Storia dei Papi. Roma, Desdée e C., 1928, voi. X, p. 36.

(5) Col reddito del «palazzo» che allora giungeva a circa 400 scudi, doveva dotarsi una collegiata in S. Maria del Pianto. Per una minuta d'istrumento esistente nell'archivio dell’Arciconfraternita di M. del Pianto, già riprodotta da G. CUGNONI nel 1882 (vol. V dell'Archivio della Soc. Romana di Storia Patria) si ap­prende che la donazione venne fatta « con la riserva del primo piano durante la vita del sig. Maurizio » fratello di Orazio Ricci. Questi lasciò memoria della donazione in una lapide su l'architrave d'una porta al 1° piano, riportandovi la conferma avutane da Papa Paolo V nel 1614. Ci teneva il cavaliere a porre ovunque il pro­prio ricordo che resta anco su altre porte sormontate dalla croce dell’Ordine Gerosolimitano. Ciò facendo, meglio che il suo orgoglio di uomo benefico e pio, docu­mentava a noi, incuranti di lui, qual fosse realmente la casa abitata da Sisto V.

(6) Il Baldassar era uno dei trenta notari Capitolini fra il 1586 e il 1590.

(7) In altro documento riportato da DOMENICO GNOLI  nel suo racconto Vittoria Accoramboni,edito nel 1879, la posizione della casa era espressa con mi­nore chiarezza : « in Regione Parionis iuxta ab uno viam publicam, ab alio viculum tendentem versus stabulum ill.mi et rev.mi domini Cardinalis Farnesii, et ab alio ac retro domum Fulvii quondam Lazari de Balneoregio, seu Roma, salvis etc. ». Questo Fulvio deve essere il de Arcangelidel documento sopra accennato.

(8) TEODORO AMAYDEN, vissuto in Roma fra il 1607 e il 1625.

(9) Trovo che un Pompeo Gottifredi nobile romano, conservatore di Roma, fece testamento il 17 settembre 1572.

(10) Sisto V, vol. I. p. 178, nota.

(11) Documenti Chigiani concernenti Sisto V, Roma, 1882. p. 9.

(12) Storia della città di Roma nel medioevo, Roma. 1901. p. 300. Lo sto­rico tedesco credette che il nome Parione non derivasse dagli apparitores del luogo, ma dovesse « trarre dal muraglione di qualche antica ruina ». Chi sa, invece, che non alludesse al marmo di Parion abbondante nella contrada per le molte officine di scarpellini o scultori stanziatevi nell'epoca imperiale? Rione di Parione equivarrebbe « Rione del marmo ».

(13) Nel citato volume dei regesti col n. 17, a pag. 188, trovasi notato: « Ill.ma Sig. Camilla Peretti piglia a censo scudi 15 00 sopra il suo palazzo posto nel rione Pigna dall'Illustrissimo Sig. Marcello Rondanini. 2I nov. 1595 ». Mainardi notaro.

(14) Girolamo Martelli mercante e banchiere in Roma, l’ 11 giugno 1640, ri­lasciò quietanza di 10 mila scudi all'abate Francesco Peretti, figlio di Michele, poi cardinale.

(15) R. Archivio di Stato in Roma, Tarquinio Cavallucci notaro, voi. 94, f. 881 e ss.

(16) R. Archivio di Stato, Rodolfo Cellesio notaro, vol. 1686. f. 785 e ss. - Vedasi il mio articolo Nuove ricerche su la Casa e lo Studio di Raffaello... in Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per te Marche, Serie V. Vol. II-III. Ancona, 1938-XVI. pp. 25-42.

(17) R. Archivio di Stato, Caballutius Tarquinius, Anno 15 88. Tom. 24, f. 785 e ss.

SISTONOSTRO!

Canzone veneziana Filippo II e Sisto V, 1588

*El  [Sisto] xe ustinà, el ha dura opinion / No sa niente de stado, el muove bumori, / Fa fabricar galìe, le manda in corso: Felippo xe 'l sgionfietto, e lu el ballon: / E, con altri favori, / Ghe ha messo in bocca el mono, / Sì che'l lo sbalza, e tira co' ghe piase / A far lighe, a far guerre e triegue e pase...
... Sisto, trovege sesto, e fé che'l duca [di Savoia] / Torna a franzesi indrio le so fortezze. / Se no volè d'Italia el precipitio. Habbiè vu più che lù del sal in zuca: / Temprè ste fierezze / Fatte senza giuditio,/ No con muodi frateschi, ma secondo / El negotio d'i principi del mondo".  

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