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Marinai e fanti piceni imbarcati sulle navi della Lega Santa

Una ricerca approfondita, volta ad individuare quali e quanti fossero i piceni – e in particolare quelli provenienti dalla regione dei Monti Sibillini - che parteciparono alla battaglia di Lepanto, si presenta ardua sia che ci si appoggi ai testi finora pubblicati e reperibili sia che si frughi negli archivi per rintracciare documenti utili allo scopo.

A causa della mia permanenza a Roma non ho potuto esplorare gli archivi esistenti nelle Marche, ma solo quelli romani e vaticani. Per regioni private mi è stato impossibile condurre una ricerca esaustiva. Ho quindi attinto una serie di notizie dai volumi citati in nota che, a volte, possono essere contraddittorie.

Il libro che, a giudicare dal titolo, sembrerebbe in grado di dare maggiori informazioni, purtroppo non soddisfa pienamente la nostra curiosità: è opera d’un autore, probabilmente nativo di Velletri.[1]

Innanzitutto Salimei - forse per non discostarsi dall’esaltazione di quanto gli Italiani hanno fatto in passato, abitudine consueta nell’epoca in cui scrisse, o perché in linea con la tesi sostenuta da Guglielmotti - dedica molto spazio alla rivendicazione del ruolo d’alcuni personaggi, primo fra tutti Marcantonio Colonna, ridimensionati dagli storici posteriori:

La vittoria di Lepanto è pura gloria italiana; si dovrebbe, anzi, dire che è specialmente una gloria Romana, se si considera la parte principalissima che vi ebbero Pio V, Marcantonio Colonna e i Romani. Al Colonna, guerriero romano, si deve … soprattutto la parte attiva, energica e decisiva che egli prese alla formazione e alla conservazione della Lega Cristiana (1570-1573) e l’avere imposto agli Alleati la sua ferma volontà di combattere, vincendo contrasti così forti che, forse, non altrettanto forti ne dovette vincere per trionfare dei nemici … Pio V, il Romano Pontefice, fu l’ideatore e il realizzatore della Lega Cristiana … I combattenti, poi, dell’Esercito Pontificio furono, nella massima parte, di Roma e del Lazio …[2]

Per avere un’idea delle forze in campo si riportano alcuni dati sugli schieramenti, sulle perdite e sulla ripartizione delle prede. In questo caso vari autori non sono concordi sui numeri.

In questo modo … si disponeva la potente armata del Sultano Selim-Can II:

Riserva: Amurat Dragut 8 galee; 5 galeotte; 18 fuste.

Ala destra: Mehemet Saulak Sirocco 55 galee; 1 galeotta;.

Centro: Alì pascià 91 galee; 5 galeotte.

Ala sinistra: Luca Galeni-Occhialì 67 galee; 27 galeotte.

Un totale dunque di 277 legni così specificati: galee 221, galeotte 38, fuste 18, sulle quali, complessivamente, erano imbarcati 750 cannoni, 94.000 soldati, 13000 marinai e 41000 uomini da remo …

La formazione dell’armata cristiana contro il turco era così fissata:

Avanguardia; 6 galeazze (due davanti a ciascuna squadra).

la sinistra: Agostino Barbarigo: 55 galee.

Centro: Don Giovanni d’Austria: 62 galee.

Ala destra: Gio. Andrea Doria: 57 galee.

Riserva: Don Alvaro de Bazan di Santa Croce: 30 galee.

Un totale dunque di 204 galee e 6 galeazze, sulle quali erano 1800 cannoni, 34000 soldati, 12900 marinai e 43000 rematori.

Mancavano ben 16000 fanti per arrivare al numero stabilito, che doveva essere di 50 mila: 37 mila archibugieri e il resto corsaletti, così descritti: 10000 tedeschi; 10000 spagnoli; 6000 valloni; 24000 italiani. Venuti a mancare i 6000 valloni, ridotti a 8000 i tedeschi

Ecco la nota dei morti e dei feriti cristiani nella battaglia di Lepanto:

Sulla squadra del Papa               morti       800                feriti      1000

Sulla squadra del re di Spagna    morti     2000                 feriti      2200

Sulla squadra di Venezia             morti     4836                 feriti      4604

… Siamo ancora ben lontani dal poter formare una esatta nota descrittiva delle perdite di uomini subite dalla Santa Lega a Lepanto …

… Si giunse a dividere la preda in questo modo:

Al Papa: galee 17, galeotte 2 – alla Spagna: galee 58 e mezza, galeotte 6 e mezza – a Venezia: galee 39 e mezza, galeotte 4 e mezza.

Però secondo altre relazioni, il Papa ebbe 17 galee e 6 galeotte ( vi è chi scrive 24 in tutto); la Spagna 57 galee, 7 galeotte; Venezia 43 galee e 7 galeotte (secondo alcuni la cifra sale a 54 legni …

… al Papa: schiavi 541, cannoni grossi 9, cannoni petrieri 3, cannoni piccoli 42.

Alla Spagna: schiavi 1742, cannoni grossi 39 e mezzo, cannoni petrieri 5 e mezzo, cannoni piccoli 86.

La ripartizione, in ogni modo, non fu scevra di difficoltà …[3]

Salimei elenca le navi e le fanterie schierate dai vari sovrani della Lega. Il re di Spagna con i possedimenti di Napoli e della Sicilia, la repubblica di Venezia, il Papa, l’Ordine di Malta, il ducato di Savoia, la repubblica di Genova. Il duca di Toscana dette le sue galere al Papa, con comandanti, equipaggi e molti cavalieri di Santo Stefano; il duca di Urbino mandò la sua fanteria al duca di Savoia; sulle navi spagnole e venete erano imbarcati molti fanti dell’Italia meridionale, dell’Illiria e di altre regioni non appartenenti a quei sovrani.

A volte la nazionalità segnata a fianco di alcuni nomi meriterebbe un controllo: generalmente il termine romano, ad esempio, può infatti significare sia nativo di Roma, sia suddito pontificio. Troviamo Camillo Accoramboni, di Roma, imbarcato sulla Capitana del Papa: una famiglia di quel cognome, cui apparteneva la sfortunata Vittoria moglie di Francesco Peretti nipote di Sisto V, risiedeva a Roma ma era originaria di Gubbio.

Riportiamo i nominativi dei combattenti originari delle Marche citati da Salimei che, molto probabilmente si è avvalso anche di quanto scritto da Guglielmotti e riportato più avanti:[4]

- di Ancona: Marcello Regio, Cavaliere Tommasi;

- di Ascoli: Antonio, morto a Famagosta; Orazio, Capitano di 150 fanti al soldo di Venezia, presidio di Zara; Scipio, Capitano di 100 fanti al soldo di Venezia, presidio di Corfù;[5][6]

- di Camerino: Maurizio Calmanti, Matteo Pierbenedetti;

- di Fabriano: Giacomo, morto a Famagosta;

- di Fano: Girolamo Mariotti, Ottavio Speranza;

- di Fermo: Erasmo, morto a Famagosta; Marchetto, morto a Famagosta;

- di Macerata: Giulio Angelici;

- di Matelica: Conte Ottone, Capitano di 469 fanti al soldo di Venezia, presidio di Zara; Gaudenzio Cantucci;

- di Osimo: Ippolito Tebaldini;

- di Recanati: Moretto, Capitano di 100 fanti al soldo di Venezia, presidio di Zara;

- di Ripatransone: Brandimarte, sulla Capitana del Papa;

- di Sanseverino: Pasquale Micara;

- di Jesi: nomi non indicati;

- di origine non precisata: Giulio Migliorati, Capitano di 30 fanti al soldo di Venezia, presidio di Cattaro; Piergentile Varano, Colonnello delle battaglie nel Patrimonio, Venturiere nell’Armata del Papa.

Maggiori notizie, ma sempre circoscritte all’ambito dei comandanti, degli ufficiali e dei venturieri, si traggono da un’opera di padre Alberto Guglielmotti.[7]

L’autore, in particolare, ricorda che il 16 giugno 1570 (epoca in cui era già stata costituita la Lega Santa senza che si ottenesse alcun risultato a causa dell’insanabile rivalità tra Venezia e la Spagna) viene disposto l’arruolamento di fanti e marinai ad Ancona. Nello stesso mese Marcantonio Colonna incarica Vincenzo Capizucchi di arruolare fanterie:

il capitano Dario Nelli assembrò la compagnia a Castelfidardo, Giovanvincenzo Valignani a Santelpidio, Filippangelo Boccaurati a suo piacimento, Flaminio Zambeccari a Montemilone, Cornelio Buongiovanni a Montolmo, Sante Rinucci al Sirolo, Francesco Lodi a Macerata, Guido Tromba a Fano, Camillo Perinelli a Jesi, Alessandro Ferretti a Recanati, Cencio Capizucchi a Filottrano, Prospero Colonna a Cingoli ...

Tra i venturieri: Girolamo Mariotti da Fano, capitan Liombruno da Recanati, Pietrozzo da Recanati, Priamo da Recanati, il cavalier Enea da Sassoferrato, il capitan Liutrecche da Sassoferrato, Vincenzo da Sassoferrato, Brandimarte della Ripatransona …

Nell’imminenza della riunione a Messina della flotta alleata – che si batterà di lì a qualche mese a Lepanto, sempre su ordine di Marcantonio, Capizucchi arruola altri fanti nelle Marche. Tra i capitani abbiamo:

… Ippolito Tebaldini da Osimo, Girolamo Mariotti da Fano, il cavalier Tommasi d’Ancona, Ottavio Speranza da Fano, Maurizio Calmanti da Camerino, Giulio Angelici da Macerata, Matteo Pierbenedetti da Camerino, Pasquale Picara da Sanseverino, Gaudenzio Cantucci da Matelica …

La galera soprana era comandata da Antonio d’Ascoli.

Dopo la vittoria la flotta della Lega rientra a Messina, dove i fanti papalini ricevono la paga. Grande la loro delusione, perché hanno molto meno di quanto loro promesso. Sembra che ciò accada per l’assenza dell’ufficiale pagatore, il commissario Grimaldi, che era dovuto andare a Genova per la morte del fratello. Hanno gratuitamente, comunque, il trasporto fino a Napoli. Il 25 novembre la squadra romana arriva a Civitavecchia: ai marinai è riservato un trattamento migliore. Marcantonio Colonna ha il trionfo a Roma e grandi feste sono celebrate in tutta Italia.

L’anno successivo iniziano i preparativi e gli arruolamenti per una campagna in Grecia. Ma i contrasti fra gli alleati e la morte di Pio V fanno fallire l’iniziativa. Guglielmotti ricorda:

- i nomi degli ufficiali arruolatori, tra cui: il capitano Girolamo Mariotti di Fano nella Marca d’Ancona; Filippo Cantucci da Matelica; Concetto Matteucci da Fermo; Giulio Sanfré da Urbino; il capitano Aurelio Alavolino da Macerata; il capitano Vincenzo Olivieri da Pesaro; Pellegrino Sinibaldi da Osimo;

- i nomi di alcuni soldati compresi nei 10.000 arruolati dalla Repubblica di Venezia: Gasparo d’Ascoli; Lorenzo Narducci di Macerata; Pier Filippo da Scapezzano; Bartolomeo Da Montesanto; Giovanni Brancadoro da Fermo; Pasotto e Camillo Fantuzzi da Pesaro: Ottaviano, Bonifacio e Annibale Adami da Fermo; Ortensio Palazzi da Fano;

- i nomi di altri militari marchigiani: gli anconetani Cintio e Michelangelo Benincasa, Gabriele Bonarelli, Alessandro Ferretti, Jacopo Fontana, Marcello Regio, Matteo Tommasi, il cavalier Tommasi; i fermani Erasmo e Marchetto, oltre ai già citati rappresentanti delle famiglie Adami, Brancadoro e Matteucci.

Nessuna notizia utile si può trarre da un testo di Rudt de Collenberg, d’indubbio valore per conoscere molti aspetti delle procedure di riscatto dei prigionieri: infatti, fondamentalmente, gl’individui che vi compaiono sono stati catturati nel 1570-71 (occupazione di Cipro), nel 1574 (occupazione di Tunisi e de La Goletta), nel 1578 (in occasione della guerra tra portoghesi e mauritani).[8]

Vi sono anche uomini fatti prigionieri in altre circostanze e che vengono così classificati:

- militari al servizio della Spagna;

- militari al servizio di Venezia (esclusi quelli catturati a Cipro);

- militari al servizio dello Stato Pontificio e del Granducato di Toscana;

- militari combattenti in Ungheria e Croazia;

- equipaggi o passeggeri di navi catturate da predoni nel Mediterraneo occidentale, centrale e orientale e in Adriatico;

- persone rapite durante incursioni sulle rive del Mediterraneo occidentale e dell’Italia o sulle rive dell’Adriatico e delle isole greche possedute da Venezia.

Tra i prigionieri presi a Lepanto appaiono soltanto:

- due, di origine greca, al servizio della Lega;

- uno di Sebenico, al servizio di Venezia.

In qualche modo sono legate alla nostra ricerca sette persone che, nel 1571, cercano di raggiungere le navi della Lega. Tra loro, emiliani e veneti, è Giovanni Antonio de Capitis di S. Felice di Fermo.

Complessivamente non sono stati raggiunti i fini della ricerca che c’eravamo proposti: individuare combattenti nativi della regione dei monti Sibillini presenti a Lepanto.

Vanno messi però in luce alcuni punti che valgono come conferma della partecipazione di “montanari” alla cruenta battaglia navale:

- la conservazione dello stendardo turco a Spelonga di Arquata del Tronto;

- l’attenzione degli abitanti di Accumoli, località non molto distante da Arquata ma allora sottoposta al regno di Napoli, alle incursioni dei predoni sulle coste adriatiche, come risulta da una cronaca del luogo;[9]

- la presenza di vari esponenti della nobile famiglia aquilana de Nardis di Prata nelle file dei Cavalieri di Malta e di Santo Stefano, a conferma che le vie del mare sono battute da gente di montagna.[10]

Marginalmente riportiamo:

- un giudizio sull’addestramento delle truppe che non era ottimo, a parere di Beeching:

Quando ispezionò le navi allineate a Messina, Don Giovanni non ebbe motivi per compiacersi. La migliore fanteria spagnola era stata mandata al Duca d’Alba impegnato nel reprimere la ribellione dei Paesi Bassi. Troppi di coloro che erano accorsi per prestare servizio nella Lega Santa erano reclute fresche, parecchi non sapevano maneggiare l’archibugio, che prima dello sparo richiedeva una serie di operazioni da sapersi perfettamente a memoria … Come queste rozze reclute avrebbero affrontato i giannizzeri? [11] Molto bene, a giudicare dai risultati e contro l’opinione di Beeching.

-          il nome, poco noto, di Ettore Flisco, autore dell’orazione di 6 pagine Hectoris Flisci I.U.D. Lavanie & Paltini comitis advocati consistorialis ac oratoris rei publicae Genuensis ad Innocentium Octavum pont. Maximum Oratio, rivolta al papa Innocenzo VIII il 27 aprile 1485 e stampata a Roma dopo quella data … Il problema principale è la lotta contro i Turchi che tentano ormai di penetrare in Italia. Ancora vivo è il ricordo della presa e del massacro di Otranto da parte di Maometto II (8 agosto 1480), e a questo riguardo sono qui stigmatizzate le responsabilità dei “nemici” veneziani. L’Autore delinea con precisione l’escalationdell’offensiva dei Turchi che si sono infiltrati in Europa attraverso al Danubio e hanno giàpreso, nel Mediterraneo, Chyos e Rodi. Il pericolo ora è l’invasione dell’Italia. Si pone quindi la necessità di unanuova Crociata, e in questa prospettiva l’A. sottolinea la totale adesione della città di Genova ad ogni iniziativa promossa dal Pontefice. In effetti Giovanni Battista Cybo (Genova 1432-Roma 1492), cardinale nel 1473, eletto Papa, dopo Sisto IV, nel 1484 con l’aiuto di Giovanni della Rovere, tentò di organizzare una Crociata, ma senza successo[12]


[1]A. SALIMEI, Gli Italiani a Lepanto. 7 ottobre 1571. Roma 1931.

[2]A. SALIMEI, Gli Italiani …, cit., pp. 7-9. Tutt’altro parere in G. A. QUADRI, La guerra contro il Turco a Cipro e a Lepanto, Bellini Venezia 1935, pp. 703 ss. Cfr. anche Revista general de Marina, Numero extraordinario, dedicado à la memoria de D. ALVARO DE BAZAN …, marzo 1988.

[3]G. A. QUADRI, La guerra …, cit., pp. 599-600, 604 e 725-729.

[4] Per la zona di Arquata bisogna fare riferimento agli arruolamenti disposti a Norcia.

[5]Per la guerra di Cipro cfr. anche M. P. DE FAZI, Eroica difesa di Famagosta narrata dal Capitano Angelo Gatta da Orvieto in un manoscritto inedito del secolo XVI, Tesi di laurea, Università degli Studi di Macerata, anno accademico 2000-2001, recensita in Cimbas 23/2002, pp. 127-128.

 

[7]A. GUGLIELMOTTI, Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto, Le Monnier Firenze1862, pp. 17 ss, 22 ss, 159.

[8]W. H. RUDT DE COLLENBERG, Esclavage et rançons des chrétiens en Méditerranée (1570-1600), Editions le Léopard d’Or Paris 1987, pp. 15, 198, 208.

[9]Notizie ricavate da un testo mutilo in mio possesso e di cui ignoro l’autore.

[10]Come risulta da varie edizioni del Libro d’oro della nobiltà italiana pubblicate dal Collegio Araldico.

[11]J. BEECHING, La battaglia di Lepanto, Rusconi Milano 1989, pp. 225 ss.

[12]Libr. Antiq. GUTENBERG, Catalogo n. 109/2004, p. 43

SISTONOSTRO!

L. Von Pastor

«Così Sisto V sopravvive nella storia come uno dei più importanti, di quanti cinsero il triregno; una individualità straordinaria, di un conio compatto e perfetto, si dimostrò egli geniale e grande in tutte le sue intraprese come nei suoi vasti disegni. [...]
Storici delle più varie tendenze convengono [...] che Sisto V e uno dei più imponenti fra i molti importanti pontefici, che produsse il tempo della riforma e restaurazione cattolica. Si può ben dire che la posterità a questo papa, che pieno della fiducia in Dio guidò la navicella di Pietro in un tempo sommamente critico con energia e prudenza di romano, ha ingiustamente negato il titolo di 'grande' ».

L.  VON PASTOR, Storia dei Papi, vol. X, ediz. ital., Roma 1928.

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