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Fra' Felice da Montalto.

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planimetria convento

 

sisto frate

1530 La famiglia di Felice ritorna a Montalto e qui viene affidato ad un suo zio (fratello germano del padre dice il Tempesti, altrove ho trovato della madre) Minore Conventuale Salvatore Ricci, (il Tempesti lo chiama Salvador Peretti) guardiano del locale convento, affinché continui gli studi. Entra in convento come oblato e la retta gli viene pagata dallo zio stesso. Frequenta la scuola pubblica di Montalto, situata nella casa dei Rosati, presso la porta Patrizia (11-pag.12) Il De Feo racconta che la madre Mariana stirasse il vestiario a questo zio e che della consegna si interessasse Felice che in questo modo si fece notare. (7-pag. 10)

1531 Felice veste l'abito francescano nel convento di Montalto entrando nel Noviziato (La Treccani e il Gatti parlano dell'anno 1535, mentre il de Hübner e il von Pastor citano il 1533 come anno dell’entata nel Noviziato)

1532 24 mar. La domenica delle Palme prende i voti tra i Francescani Conventuali conservando il nome di Felice (la Treccani parla dell'anno 1536 facendo svolgere la cosa ad Ascoli, mentre il De Feo parla del 1534, il von Pastor alla fine del 1534). Il saio, vista la povertà dei suoi, gli fu offerto da Rosato Rosati (che sarà ricompensato, una volta diventato Felice papa, con il titolo di cameriere d’onore). Lo zio voleva che il nome mutasse in Antonio sia per una sua particolare devozione a Sant'Antonio di Padova, sia perché, nella chiesa di San Francesco dei Padri Minori conventuali di Montalto, gli avi di Felice avevano eretto una piccola cappella dedicandola al Santo. Piergentile invece voleva che il figlio conservasse il nome di battesimo.

1532- 1534 E' presente nel convento di Montalto il Padre Maestro Vincenzo Ferneto di Montedinove che insegna a fra Felice la grammatica

1535 Succede al Ferneto il P. M. Nausilio Filareto da Santa Vittoria in Materano che lo istruisce nella Retorica tanto da farlo diventare esperto nelle orazioni, istituzioni e precetti di Cicerone, di Quintiliano e di Demostene.

1536 Partito il Filareto per un altro convento subentra il P.M. Pietro da Patrignone (dalla Treccani chiamato Pio Ottaviano Umili di Patrignone, il Gatti lo colloca nella scuola pubblica di Montalto, insegnante di retorica e mediocre poeta),notaio e latinista, che essendo un poeta istruisce il giovinetto nella poesia latina di Virgilio, Orazio e Giovenale. Il Gatti asserisce che questi maestri di Sisto non erano Frati minori Conventuali, ma semplici maestri pubblici (11-pag.13)

1536 Felice prende i voti, affiliato al convento di S, Francesco di Montalto, nella custodia (circoscrizione) di Ascoli Piceno della provincia religiosa delle Marche. (altrove ho trovato altre date, vedi anno 1532)

 

DETTI NOTABILI DI SISTO V

Del grande Papa marchigiano Sisto V (1521 - 1590) è stato scritto molto, nel bene e nel male. I suoi cinque anni di pontificato (1585 - 1590), hanno rappresentato una vera e propria rivoluzione per la chiesa, la società, l'arte, la cultura, l'urbanistica, l'economia, i rapporti con gli Stati europei.

Austero, caparbio, determinato, con una fortissima concezione della Giustizia, applicata con grande severità; irascibile e irremovibile nelle decisioni, con una visione progettuale ampia e anticipatrice dello Stato moderno, ha fortemente caratterizzato il secolo d'oro; uomo del suo tempo, quindi, unitamente agli altri Genii che quasi per uno straordinario appuntamento della storia si sono ritrovati nel corso del Rinascimento italiano ed europeo, estendendo la "rinascenza" a tutte le arti e le scienze e a tutto lo scibile umano sollecitato ai massimi traguardi.

Un personaggio come Sisto V, non poteva mancare di tirarsi dietro, insieme alle lodi e all'universale apprezzamento (valga per tutti la considerazione e la stima che per lui provava l'eretica Elisabetta d'Inghilterra), anche una serie di satire feroci al suo indirizzo che i romani attraverso i busti marmorei di Pasquino e Marforio spesso gli rivolgevano, e che tutti conosciamo.

Meno note sono invece le massime che riportiamo di seguito e che mostrano - quasi ve ne fosse bisogno - la profondità del pensiero sistino, il suo pragmatismo, la conoscenza che egli aveva della natura umana, delle sue debolezze e virtù. Massime che scaturiscono da quella saggezza popolare che si riscontra nelle genti Picene delle quali Felice Peretti è stato uno dei più fulgidi interpreti.

Le sentenze sistine che risentono non poco delle opere di Niccolò Macchiavelli (1469 - 1527), alcune delle quali ancor oggi trovano sostanza e validità come regole di vita e di pratica politica; le riportiamo di seguito introdotte da Gregorio Leti 1 col linguaggio del tempo, non difficile da interpretare.

[ ... ] Hora come Sisto era ricco in certe sentenze, a segno che di rado parlava senza sputar qualche sentenza, che però ne metterò qui sotto quelle c' ho raccolto tra diverse,  e che mi sono state trasmesse con altre notizie dall' amico d'Italia.

  1. Il fingere è un vitio comune à tutti gli Huomini, mà 'l ben fingere è una virtù particolare, che non stà bene che a' più savii, & a' più prudenti.
  2. Il mondo si regolarebbe da sé stesso, sé gli Huomini fossero capaci di regolar loro medesimi che arriva di rado.
  3. Non bisogna disgustarsi mai, quello che ti può far male; né incensar troppo quello che non può farti del bene.
  4. Un' huomo non può dirsi felice se non allora che si contenta del suo proprio stato.
  5. Chi aspira ad esser maggiore di quel ch'é, ciò è un voler pretendere quello che non se gli conviene.
  6. Colui che muore senza havere provato Calamità si può dire che muore più come Animale che come huomo.
  7. Non bisogna credere ne' lamenti colui che si trova nelle calamità, perche queste tolgono la maggior parte del cervello.
  8. Per fare una buona amicitia, fà di mestieri per lungo tempo conoscere l'humore di quello che si vuole amico.
  9. Le prosperità acciecano gli huomini che si servono della fortuna per loro interesse non per 'l bene pubblico.
  10. Il far tutto 'l male che si può è un' officio di Demonio, & 'l non far tutto 'l bene che si deve un'atione da Bestia.
  11. Per assicurar bene il presente, conviene havere spesso la memoria nelle disgrazie che potrebbono arrivar nel futuro.
  12. Per disprezzar le ricchezze bisogna essere, ò Animale per non conoscerle, ò Angiolo per non haverne di bisogno.
  13. Il Prencipe che non sà castigare un Popolo; non può aspettare altro che di vedersi al più tosto dal Popolo castigato.
  14. Non v' è peste maggiore in uno Stato della Clemenza d'un Giudice, perché accresce 'l male che dovrebbe distruggere, e distrugge 'l bene che dovrebbe accrescere.
  15. Chi può far giustitia, e non la fà, ó che manca di cuore: ò di conscienza, e però indegno di portar la qualità di Giudice.
  16. La Fortuna va scapigliata, e però sembra facile di fermarla per le treccie, e si può fare dalla destrezza, e della prudenza.
  17. Il povero divenuto ricco, si rende insupportabile nell'insolenza se non hà virtù per tenerla à freno.
  18. Chi hà 'l mezzo di poter beneficare ad altri, non deve trascurare d'includere tra quest' altri anche i suoi, altramente sarebbe contro la Legge di Dio, e quella della natura.
  19. Al Popolo che dal Prencipe non si cava sangue, ciò è un dargli manifesta l'occasione di riempirsi d'humori maligni.
  20. Una ingiuria fatta al Prencipe si supporta dal Suddito benché zelante, molto più volontieri che quella ch'è fatta à lui.
  21. Non deve mai un buon Prencipe metter Governatori per signoreggiare i suoi Popoli, se non è più che certo, che questi tali si sono lasciati prima volontieri signoreggiare d'altri.
  22. Per poter rimediare ad un grand' inconveniente di rado si farà da chi non hà cuore per arrischiar di connetterne un altro.
  23. Le ingiurie che non si possono vendicare si devono fingere altramente sarebbe un' incitare 'l nemico à farvene altre.
  24. Non v'è cosa più difficile che di sapessi mantenere nella grazia d'un Prencipe,  perche se lo servite, e v' obliga molto gli sietè schiavo, se non vi rimunera gli siete nemico.
  25. Un'Huomo benché savio non potrà mai ben conofcere la virtù dell' Amicitia, se prima non è passato per le disgrazie nelle quali potrebbe havere bisogno, onde è bene di provedersi d'amici da buon'hora, per trovargli a' suoi bisogni.
  26. La maggior consolatione de' meschini, e degli Huomini popolari è quella d' havere amici per confidar l' afflitioni.
  27. Con i Frati è buono d'havere più rispetto da lungi che domestichezza da vicino, e di loro non fervirsi che ne' più gravi bisogni.
  28. Il fidarsi alla parola del Prencipe è pericoloso, e del Giudice è grand' imprudenza, perche 'l Prencipe può mutarla quando che vuole, & il Giudice c' ha dato la fede alla Giustitia, non può obligar la sua parola in cose che siano di pregiudicio alle Leggi.
  29. Chi sostiene l' ingiurie fenza risentimento, non è huomo mà Angiolo, e chi potendo vendicarsi, e non si vendica, non è Huomo, ma bestia, però è meglio d'essere Angiolo, che Huomo.
  30. Non bisogna che colui che offende si seordi dell' ingiurie fatte ad altri perche tal volta l'offeso che fìnge di scordarsi, mà non si scorda non trascura l'occasione di vendicarsi del nemico.
  31. Le Lettere e gli Studi non guastano mai 'l cervello di chi l'ha sano, mà di chi l'ha debole, essendo loro natura di purificare gli altrui ingegni non di corrompergli, ancorché molti sono quelli che con la loro natura depravata corrompono le Lettere.
  32. Dispiace sempre al giudicio de gli Huomini savii di veder certi Huomini in età decrepita senza haver fatto nulla di heroico nella lor vita, però i prudenti devono sempre credere di morir presto, e far quel che si può al più tosto.
  33. Dà chi nòn stima l'honore non fi può sperar mai nulla di buono essendo impossibile che possa operar bene.
  34. Non deve mai uno lamentarsi d'un' altro per qualsisia cosa se prima non accusa se stesso, perche mai alcuno può essere senza qualche colpa di cattiva condotta in quello che può arrivargli di male.
  35. Prima di domandar grazie al Principe, ò al Padrone bisogna obbligarlo con servigi tali, che ve le conceda con piacere.
  36. Per conservar lungo tempo l'amicitia, bisogna astenersi quanto più è possibile di rendersi importuno con l'amico, sopra tutto nel domandargli coaa che può havere della ripugnanza ad accordarvi.
  37. Uno Scudo in borsa, fa molto più honore di cento che sono stati spesi inutilmente, e però l'huomo savio deve molto bene considerare dove, come, e con chi spende 'l suo danaro per non pentirsi poi.
  38. Non bisogna troppo adularsi da' consigli de' vecchi, né disprezzare quelli de' giovini, mà maturare quelli degli uni, e degli altri, perche i giovini possono fare altre tanto bene che male i vecchi.
  39. Il Nobile che opera ationi heroiche non fa che 'l suo debito, ma 'l povero, e Plebeo merita maggior lode quand' arriva à far cose grandi perche sorpassa alla natura istessa.
  40. Un'huomo savio non deve dar mai consìglio ad un' altro se prima non considerà, s'essendo egli in quello slato, se potesse farlo.
  41. Non é lodevole alla prudenza d'affaticarsi à mantener l'amicizia con chi non può à nulla giovarti; dovendosi meglio applicare 'l tempo per guadagnarti un' amico ch'é buono à farti servitio.
  42. I partiti pericolosi non s'abbracciano mai che da quelli che non considerano l'esito degli evvenimenti.
  43. Non v' e cosa che renda più un'huomo ardito che l'ira, e lo sdegno, e però non bisogna metter mai uno nell' ultima disperazione.
  44. Gli Scrittori ò che devono honorarsi in quello che fanno, & obligargli in quello che si può, o disprezzarli in quello che scrivono, se non fossero Prencipi grandi che possono sciegliere quello che vogliono, secondo 'l luogo, & il tempo, però la vendetta con tali non giova.
  45. II fidarsi troppo alle speranze non è da savio, né da savio 'l trascurarle, mà 'l prudente deve considerar i pericoli che per lo più sogliono nascondersi sotto la scorza delle speranze.
  46. Le Leggi non possono mai mantenersi sopra tutto in una Republica, se i Legislatori che devono farle osservare son scelerati.
  47. Per non insuperbirsi del bene che si riceve per fortuna, o per industiria, basta solo considerare che vicino al bene stà sempre 'l male che lo spinge per precipitarlo.


NOTE

1 Gregorio Leti, Vita di Sisto V - Pontefice Romano, Parte terza, AMSTERDAM, Per Janssonio - Waesberge, MDCCXXI, pp. 487 - 493

ANDREA BACCI MEDICO DI SISTO V ED ENOLOGO PICENO

L’architetto Andrea Bacci o Baccio (senior), originario di Milano, si reca nelle Marche, su richiesta del Papa Paolo II, per seguire dei lavori nella basilica di Loreto. In questo periodo stringe amicizia con Livio Andronico Paleologo, di antica e nobile famiglia di origine greca residente a Santelpidio a Mare, e ben presto decide di trasferirsi in questa cittadina costruendovi una casa “assai onorevole”.

Suo figlio Antonio prende in moglie Riccadonna, nipote del Paleologo, e da questa unione, nel 1524, nasce Andrea Bacci.

ANDREAS BACCIUS

elpidiensis
ob egregiam doctrinam, romana civitate donatus
spectatissimus Xysti V medicus
inter sacrae scripturae interpretes recensitus
multurumque operum
et probatorum judicio sapientium eximus editor
et cum sapientia humana coelestm conjungens
ut Deiparae potentia
ab amne – ipso teste – eriperetur
et a Municipio Elpidiensi
hoc ponetur monumentum
promeruit
a partu Virginis MDCCLXIII

(Iscrizione lapidaria fatta dal Municipio di Santelpidio , ora scomparsa, riferita da «Album Roma», numero del 26 .12.1835)


LA FORMAZIONE E GLI STUDI

Andrea Bacci inizia i suoi studi a Matelica dal maestro Gian Paolo Perriberti. Trasferitosi a Siena, frequenta prima i corsi di filosofia poi dal 1545 si dedica agli studi di medicina.

A Roma segue dei corsi di perfezionamento in medicina sotto la guida di Modestino Cassini (originario anch’esso di Santelpidio sarà poi archiatra di S. Pio V e medico straordinario dell’imperatore Massimiliano di Germania).

Dopo un breve periodo in cui esercita la professione medica a Serra San Quirico, torna a Roma per occupare la cattedra di Lettore di Filosofia.

Con Mons. Francesco Piccolomini, arcivescovo di Siena, intraprende un viaggio verso Fabriano e qui, gustando il Trebbiano locale, comincia ad interessarsi all’enologia.

Dopo aver dato alle stampe Delle gemme - dell’Unicorno - dell’Alce - delle Acque albule - de veneris et antitodis, nel 1558 pubblica l’opera in tre volumi Il Tevere dedicata all’illustrissimo Senato e Popolo Romano.

Diventato famoso grazie alle sue opere non solo a Roma ma anche all’estero, nel 1567 gli viene affidata la Cattedra di Botanica nel Ginnasio Romano con uno stipendio ragguardevole per quei tempi di cento scudi d’oro annui.

La voluminosa opera De Thermis, stampata nel 1571 e dedicata a Cosimo De Medici, lo consacra definitamene nella stima dei suoi contemporanei tanto che nel 1576 Andrea Bacci viene inserito nell’albo d’oro dei Cittadini Romani e firmerà i suoi scritti “Andreas Baccius philosophus , medicus, elpidianus et civis romanus”.

Nel 1588 in una ristampa dedicata al Pontefice Sisto V si vieta la riproduzione dell’opera, senza il consenso dell’autore, con tanto di motu proprio del Papa e Decreti del Doge di Venezia, del Re di Francia e di Polonia.

Dopo un periodo di difficoltà finanziarie dovute alla sua mancanza di senso pratico nella professione medica entra in contatto con il Cardinale Ascanio Colonna, parente di Sisto V, che lo nomina medico della sua Corte.

Nel 1585 viene nominato archiatra dal Papa Sisto V e affianca il medico Antonio Porti di Fermo nelle cure della Corte pontificia fino alla morte del Papa avvenuta nel 1590.

Nel 1594 inizia ad ordinare i suo quaderni e manoscritti del trattato di enologia De Naturali vinorum historia che pubblicherà l’anno dopo con dedica al suo antico benefattore “ad amplissimum S. R. E. Card. Ascanium Culumnam”.

La mattina del 25 Ottobre 1600 Andrea Bacci muore a Roma nella sua casa di via Condotti all’età di 76 anni e viene sepolto nella Chiesa parrocchiale di S. Lorenzo in Lucina.

Le opere di Andrea Bacci (il figlio Ercole Bacci ha scritto una specie di canzone pubblicata alla fine dell’opera “Le dodici pietre preziose ecc..” dedicata all’ illustrissimo et reverendissimo sig. Alessandro Peretti Cardinale Montalto.)

OPERE DI ANDREA BACCI

1) DE THERMIS, LACUBUS, FLUMINIBUS, BALNEIS TOTIUS ORBIS ET DE METHODO MEDENDI PER BALNEA, DEQUE LAVATIONUM SIMUL ATQUE EXERCITATIONUM ISTITUTIS IN ADMIRANDIS ROMANORUM THERMIS. LIBRI VII
EDIZIONI
Venetiis - apud V. Valgrisium, 1571
Venetiis - apud F. Valgrisium, 1587
Venetiis - apud F. Valgrisium, 1588
Romae - apud Jac. Mascardum, 1622
Patavi - apud J. B. Conzatti, 1711
Venetiis - (senza il nome dello stampatore), 1712

Il Vallisneri ne ha curato un’edizione con l’aggiunta di un libro VIII dal titolo:
DE NOVA METHODO THERMARUM EXPLORANDARUM.
Il VII Libro, che tratta
DE THERMIS VETERUM, è stato inserito nel tomo XII Thes. antiq. Roman. del Grevio.
Un libro manoscritto
DE THERMIS URBANIS di Andrea Bacci si conserva nella Biblioteca Vaticana, inventario n. 3487.

2)
DE NATURALI VINORUM HISTORIA
EDIZIONI
Romae - apud Nic. Mutium, 1595
Romae - apud Nic. Mutium, 1596
Romae - apud Nic. Mutium, 1597
Romae - apud Nic. Mutium, 1598
Francofurti - apud Nic. Stein. 1607

3)
DEL TEVERE
EDIZIONI
Romae – per Vinc. Luchino, 1558
Venetiis – per Aldo, 1576
Romae – per gli Stampatori camerali, 1599. (Con traduzione del Gomez).
Vi è inoltre un’altra edizione senza luogo né anno, né stampatore con dedica dell’autore ad Alfonzo Carafa, cardinale di Napoli.

4)
DELLE GEMME E PIEtrE PREZIOSE E DELLA LORO FORZA ED USO
EDIZIONI
Romae - 1587
Francofurti – apud Matt. Beckerum, 1603
Francofurti - apud J. D. Zumerum, 1643
Francofurti - …………

5)
DELL’UNICORNO E SUE VIRTU’ E NATURA, LIB. I.
EDIZIONI
Romae - …………
Venetiis – 1566 (trad. Marini).
Stutgardiae – 1598 (trad. Gabelthover).
Firenze – 1573
Firenze – per Giorgio Marescotti. 1582
Romae – per Bart. Grassi. 1587
Romae – apud G. Martinelli. 1587

6)
DELLA GRAN BESTIA, DETTA ALCE DAGLI ANTICHI, E DELLE SUE PROPRIETA’ E VIRTU’, LIB. I
EDIZIONI
Romae – per G. Martinelli, 1587
Romae – apud Bart. Grassi, 1587
Stutgardiae – apud Marc. Frusterum, 1588 (trad.in latino del Gabelthover e inserita nel libro sull’Unicorno).

7)
L’ORIGINE DELL’ANTICA CITTA’ DI CLUANA, CHE OGGI E’ LA NOBIL TERRA DI SANTELPIDIO
EDIZIONI
Macerata – per gli eredi Pannelli, 1692
Macerata – per gli eredi Pannelli, 1716
Il manoscritto di questa opera (venti fogli) è conservato nell’Archivio di Santelpidio a Mare insieme a due lettere del Bacci datate da Siena 28 nov. 1545 e 6 sett. 1547 “ai cinque Priori della Comunità” di Santelpidio.
La prima pubblicazione fu fatta da Natale Medaglia ed inserita nelle sue
Memorie della Città di Cluana.

8)
DELLE DODICI PIEtrE PREZIOSE CHE RISPLENDONO NELLA VESTE SACRA DEL SOMMO SACERDOTE
EDIZIONI
Romae – 1581
Francofurti – 1603

Si hanno anche due ristampe, con l’aggiunta di un discorso sul Diamante e la margherita e la loro parte nella Apocalisse e dei trattati sull’Alce e sull’Unicorno, dedicate dall’autore al Cardinale Alessandro Peretti, pronipote di Sisto V:
Romae – apud Bart.Grassi, 1587
Romae – apud Giov. Martinelli, 1587

9)
DELLE ACQUE ALBULE DI TIVOLI, BAGNI DI CESARE AUGUSTO, DELLE ACQUE ACETOSE PRESSO ROMA E DELLE ACQUE DI ANTICOLI
EDIZIONI
Romae – per Ant. Blado, 1564 (con dedica a Giovanna Duchessa d’Aragona)
Romae – per gli eredi del Blado, 1567

10)
DE VENENIS ET ANTITODIS
EDIZIONE
Romae – apud Vinc. Accolitum, 1586

11)
DE DIGNITATE THERIACAE. EPISTOLA A MARCO ODDO.
QUENAM SIT RATIO VIPERINAE CARNIS IN THERIACA. EPISTOLA AD ANTONIO PORTI.

EDIZIONE
Le due epistole sono inserite nell’opera del medico Marco Oddo dal titolo:
De componendis medicamentis.
Patavii – apud Paulum Mejettum, 1583

12)
DE BALNEIS OPPIDI BERGOMATIS
EDIZIONE
Bergomi – 1583

13)
TABULA IN QUA ORDO UNIVERSI ET HUMANORUM SCIENTIARUM PRIMA MONUMENTA CONTINENTUR
EDIZIONE
1581 – dedicata al Duca Boncompagni, Governatore di S. R. C.

14)
TABULA DE THERIACA
EDIZIONE
Romae – per Dominicum Piolatum, 1583

15)
TABULA SIMPLICUM MEDICAMENTORUM
EDIZIONI
Romae – apud Jos. De Angelis, 1577
Secondo V. Ciacconio
(Bibliotheca) e G.M. Mazzucchelli (Gli scrittori italiani) il Bacci lasciò inediti trentacinque scritti, tra lettere mediche e trattati vari tra cui: Lettere d’ un medico, Medicamenti semplici, Medicamenti composti, Della natura delle cose terrestri.

ANDREA BACCI ARCHIATRA DI SISTO V (1524 - 1600)

La vita

Il nonno, di cui lui portava il nome, era arrivato da Milano nelle Marche al tempo di papa Paolo II, in qualità di esperto architetto, abilitato a presiedere i lavori di costruzione della chiesa di Santa Maria di Loreto1.

A Loreto, insieme al nonno, in quella stessa circostanza, venne anche suo padre Antonio2. Fu in occasione di questa permanenza nella Marca che Antonio Bacci s'innamorò di Belladonna, figlia di Livio Andromaco Paleologo, cittadino di Sant'Elpidio29. Da tale unione, nell'anno 1524, nacque Andrea3. Sua madre era dunque una Paleologo, discendente da quell'illustre famiglia bizantina che governò Costantinopoli dopo l'impero Latino dal 1261 al 14534.

I Paleologo, dopo che Costantinopoli cadde in mano ai Turchi e agli Angioini, si dispersero per l'Europa. Un discendente della famiglia si rifugiò a Genova e da qui, quello che poi diventerà il futuro suocero di Andrea Bacci, raggiunse la ridente città picena di Sant'Elpidio5.

Negli studi giovanili, Andrea, che apparteneva a una famiglia di possidenti, potè avvalersi dell'insegnamento di illustri maestri, tra i quali merita di essere ricordato Gian Paolo Perriberti di Matelica che a quel tempo godeva fama di ottimo insegnante6.

Durante l'adolescenza, il giovane Andrea rimase coinvolto in una terribile avventura di cui egli stesso ci dà notizia nel suo libro De vinorum historia.7 Il ragazzo aveva partecipato ad una funzione religiosa e stava rincasando insieme ai suoi genitori. La primavera quell'anno era stata particolarmente piovosa, la famiglia Bacci per tornare a casa doveva attraversare il fiume Potenza che quel giorno era in piena; non essendoci un ponte, padre, madre e figlio tentarono di guadare il corso d'acqua sul dorso dei cavalli. Ma l'animale del giovane Andrea si imbizzarrì, il suo padrone cadde nel fiume e le acque lo travolsero e trascinarono per lungo tratto. Rimase miracolosamente illeso, cavandosela con un semplice raffreddore, ma si porterà il ricordo di quell'episodio per tutta la vita 8.

Andrea Bacci crebbe robusto e godette di ottima salute fino all'età di settant'anni; l'unica malattia che lo colpì, e di cui egli stesso ci parla nel testo sopra citato fu la malaria, poiché egli riferisce di aver avuto la febbre terzana, che è la sintomatologia tipica della sopraindicata malattia9.

I suoi studi iniziati a Matelica proseguirono a Siena dove frequentò la facoltà di Filosofia10 e Medicina11.

Rimase a Siena certamente fino al 1547, poi, forse per consiglio di Modestino Cassini suo concittadino, si trasferì a Roma, doveil Cassini era professore e medico12. Tra i due insigni elpidiensi si stabilì un rapporto improntato a reciproca stima, e il Bacci ricorderà il suo maestro con le seguenti parole: Egregium artium et medicinae doctor ac in historiarum judicii versatissimus.13

A Roma ebbe come insegnante anche Prospero Mondosio, che nell'opera De Archiatris Pontificiis così descrive Andrea Bacci: Andreas Baccius Italus Elpidianus Romanusque civìs medicus, atque Philosophus celeberrimus, omniscius, politissimus vir.14

II giovane elpidiense studiò molto anche dopo aver conseguito la laurea. Inizialmente, per guadagnarsi da vivere14, un po' a malincuore decise di trasferirsi a Serra San Quirico, dove esercitò la professione dimedico condotto15 . Ma l'ambiente di paese poco si confaceva con le sue aspirazioni, perciò dopo qualche tempo ritornò a Roma e qui fece fortuna.

Colto, raffinato nei modi, dotato di una intelligenza pronta e vivace, egli s'impose fin da subito all'attenzione della aristocrazia della Capitale. Inizialmente fu nominato pubblico lettore di filosofia, poi, nel 1567, fu incaricato per l'insegnamento della botanica nel ginnasio romano16 .

Infine la fama delle qualità del giovane Bacci varcarono la soglia del Vaticano: il cardinale Ascanio Colonna lo chiamò a corte dandogli l'incarico di archiatra17. Nel frattempo egli si era sposato ed aveva avuto due figli: Flaminio ed Ercole18.

Nel 1585 diventava papa, con il nome di Sisto V, il cardinale Felice Peretti. Originario del Piceno, il Papa preferì circondarsi di persone della sua terra. Nominò suo cappellano Don Antonio Migliore di Fermo; suo segretario privato Decio Azzolino pure di Fermo; precettore del nipote Alessandro, Fabio Biondi di Montalto; cameriere segreto Rosato Rosati anch'esso di Montalto; e nel 1587 in sostituzione di Medoro Patriarca di Grottammare nominò archiatra pontificio Andrea Bacci di Sant'Elpidio19.

Il Bacci conservò questo alto incarico fino alla morte di Sisto V avvenuta nel 159020.

Dieci anni più tardi, il 25 ottobre del 1600, all'età di 76 anni, il medico elpidiense, ormai affermato come scienziato e come medico, cessava di vivere nella sua abitazione di via Condotti21. La sera dello stesso giorno la salma fu trasportata all'interno della chiesa di San Lorenzo in Lucina e il giorno seguente fu tumulata all'interno dello stesso luogo di culto. Dei suoi resti mortali però, all'interno della chiesa, non è rimasta traccia, forse perché il luogo sacro fu dato ripetutamente alle fiamme22.

Le opere

La produzione letteraria e scientifica di Andrea Bacci iniziò nel momento in cui ebbe la cattedra all'università La Sapienza e proseguì fino alla fine della sua vita. Dall'esame dei suoi scritti emerge una figura di intellettuale dall'ingegno versatile, interessato allo studio e all'approfondimento di diverse discipline.

Nel 1558 diede alle stampe il Del Tevere 23,un'opera, in tre volumi, dedicata all'Inclito Popolo Romano, in cui l'Autore discute della qualità delle acque del fiume Tevere, del Nilo, del Po, dell'Arno, di altri fiumi della Terra, di fonti famose e in particolare delle sorgenti di Roma antica. Il Del Tevere è anche un manuale idrogeologico in quanto affronta e analizza i problemi relativi alle inondazioni e il modo utilizzato dai contemporanei del Bacci e dagli antichi Romani di far fronte a simili calamità24.

Andrea Bacci visse in un periodo, quello immediatamente successivo al Medioevo, in cui era ancora forte nella mentalità corrente, una visione della vita legata essenzialmente alle credenze e alle superstizioni. Tali sentimenti, di retaggio antico, e ancora oggi così persistenti nella gente del popolo, allora attecchivano nel pensiero e si manifestavano nelle abitudini delle persone più semplici ma si evidenziavano anche nei comportamenti degli uomini più illustri. Infatti, nel volume Dell'Unicorno e le sue virtù, pubblicato a Venezia nel 1566 25, il Bacci racconta che il papa Giulio III, acquistò per la sua farmacia vaticana un corno al prezzo di 12000 scudi e disquisisce sulle proprietà e sulle virtù taumaturgiche di tale oggetto26.

Ma il suo interesse verso la zoologia non si esaurì con il testo sopra citato: nel 1587 diede alle stampe un'opera dal titolo Della gran bestia detta l'Alce dagli antichi e le sue virtù27.

Ad ogni sua produzione scientifica il Bacci diede un taglio conforme alla professione di medico, e ciò risulta evidente anche in suo lavoro di dissertazione enologica.

Anticamente venivano attribuite al vino proprietà terapeutiche. Si racconta a tal proposito che papa Giulio II avesse superato i prodromi di una grave malattia bevendo dosi elevate di vino28.

L'importanza terapeutica del vino è ribadita dal Bacci nel suo De naturali vinorum historia, dato alle stampe nel 1596, dove, oltre a dar prova di essere un competente enologo, non trascura di riferire alcuni consigli utili su come sia conveniente bere vino29. Ma nel testo egli descrive le caratteristiche dei prodotti enologici pugliesi, abruzzesi e di quelli di Amandola, e disquisisce sul modo di berli. L'Autore scrisse questo libro in un periodo in cui abbandonarsi ai fumi dell'alcool poteva risultare una soluzione a molti problemi. L'ultimo decennio del XVI secolo fu caratterizzato, infatti, da un cambiamento climatico delle stagioni, che trascorsero più rigide rispetto alle medie annuali. Tale periodo viene ricordato come piccola Era glaciale30. La situazione climatica inevitabilmente determinò una significativa scarsità di raccolti; la carestia prima, la peste e altre malattie poi, colpirono soprattutto le popolazioni più povere, e il rischio del contagio sconvolse anche i potenti. La paura del diffondersi di gravi malattie costituiva una vera ossessione nel passato, spesso l'unico rimedio per dimenticare e per non pensare a ciò che sarebbe potuto accadere in tempo di peste era proprio l'abbandono all'alcool. Scrive Vito Fumagalli: La paura precedeva e seguiva lo scoppio delle epidemie, nasceva sull'onda del loro diffondersi da un territorio all'altro, generava tensioni, ansie, sospetti, si spiavano sulla terra e nel cielo i segni che potevano annunciare l'arrivo della terribile malattia.30

Ma la pubblicazione più importante e impegnativa del Bacci è certamente il De Thermis lacubus, fluminibus, balneis totus orbis et de methodo medendi per balnea, deque levatione simul atque exercitationum istitutis in admirandis Romanorum thermis. L'opera, suddivisa in sette volumi, fu pubblicata nel 1571 (Venezia)31, ma lo stesso Sisto V nel 1588 (Venezia) volle che venisse ristampata e che all'Autore venisse assegnato un premio di 500 ducati d'oro. Nel Giornale dei Letterati il De Thermis viene così recensito: Non vi è nessuno così profano alla medica e letteraria Repubblica, cui arrivi nuovo il nome di quest'opera e del suo celebratissimo Autore; mentre lo Zappoli che fu medico e direttore del Brefotrofio romano scrive: Non si va errati nel sentenziare che il Bacci, ove altro di sé non avesse lasciato che l'opera "De Thermis", avrebbe guadagnato il diritto alla celebrità: perché codesto suo lavoro preziosissimo svolse con tanta sapienza e con tale corredo di maschia erudizione da non desiderar più: mentre argomento storia e idea tutto annodò agli interessi sociali, ed alla igiene la terapia, rendendola utilissima ad ogni ceto di persone32.

Andrea Bacci scrisse tre opere di medicina. Nel 1577 (Roma) pubblicò Tabula simplicium medicamentorum : un catalogo completo dei più semplici medicamenti allora conosciuti; esso, nelle intenzioni dell'Autore doveva costituire un manuale di consultazione per chi esercitava l'arte medica.
Cinque anni più tardi, nel 1582 raccolse in un volume e le rese pubbliche le lettere indirizzate ai medici Marco Oddi e Antonio Porti con il titolo Tabula de theriaca quae ad instituta veterum Galeni atque Andromachi inventa fuit .
Nel 1586 (Roma) diede alle stampe il De venenis et antitodis. De canis rabiosi morsum, et eius curatione , il contenuto di questo libro è una dotta disquisizione sui veleni più comuni e sui più efficaci rimedi per combatterli, in particolare vengono indicati i metodi per curare la rabbia. Tale ricerca acquista una significativa importanza se si considera che il vaccino antirabbico verrà scoperto solo 250 anni dopo, dallo scienziato francese Luis Pasteur.
L'illustre medico s'interessò anche di storia locale, lasciò un manoscritto che verrà pubblicato nel 1692 (Macerata) insieme al lavoro di Camillo Medaglia e ad altre notizie storiche sulla città di Sant'Elpidio; l'opera fu data alle stampe con il titolo L'origine dell'antica città di Cluana che è oggi la nobil Terra di Sant'Elpidio .
Inoltre il Bacci pubblicò: Delle acque Albule, delle acque acetose presso Roma e delle acque di Anticoli che volle dedicare a Giovanna duchessa di Aragona: lo scritto, non vasto, è tuttavia apprezzabile dal punto di vista scientifico; Delle pietre preziose che risplendono nella veste del sommo sacerdote che costituisce una disquisizione di mineralogia; Tabula in quo ordo universi et humanarum scietiarum prima monumenta continentur che fu stampato una prima volta a Roma nel 1581 e ottenne un lusinghiero successo tanto da essere segnalato dal Ciacone come un'opera completa e molto approfondita.


26 L'archiatra era il medico più importante della corte pontificia. Era questa una tra le più importanti cariche della professione medica. Marcello Malpighi (1627-1694), tra i più geniali anatomisti del suo tempo, rivelatore dell'esistenza dei corpuscoli e dei glomeruli renali, fu archiatra di papa Innocenzo XII dal 1691 al 1694.
MASSI F.P., Una gloria medica marchigiana del '500: Andrea Bacci, in "Rivista Marchigiana Illustrata", anno IV, n° I, pp. 65-69.
PANELLI D'ACQUAVIVA G., Memorie degli uomini illustri e chiari del Piceno, voi. I, Ascoli 1743, pp. 209-217. " Ibidem. ' Ibidem
' ' MASSI F. P., Una gloria medica..., cit. 32 QUAZZA G., Corso di Storia, G.B. Petrini, Torino 1973. " MASSI F.P., Una gloria medica..., cit
4 MUNSTER L., Studi e ricerche sull'opera scientifica di Andrea Bacci da Sant 'Elpidio, in "Atti del III convegno della Marca per la Storia della medicina", Fermo 1959, pp..99-103. 35 Ibidem. Ibidem.
37 MASSI F. P., Una gloria medica..., cit.
38 Ibidem.
Ibidem.
Ibidem.
Ibidem.
' MUNSTER L., Studi e ricerche sull'opera scientifica di Andrea Bacci, cit.

' Ibidem.
MASSI F.P., Una gloria medica..., cit. 43 Ibidem. ' Ìbidem. GATTI I., Sisto Vpapa piceno, Gianni Maroni editore, Ripatransone 1990, p. 255. Ibidem.
MASSI F.P., Una gloria medica..., cit.
Ibidem.

51 II Del Tevere fu pubblicato nel 1558 a Roma e ristampato nel 1576 a Venezia in due
volumi, successivamente nel 1596 di nuovo a Roma.
52 PANELLI D'ACQUAVIVA G., Memorie degli uomini illustri..., cit.
53 Dell'Unicorno e le sue virtù, pubblicato nel 1566 a Venezia venne ristampato nel
1573 (Firenze), nel 1582 (Firenze), nel 1586 (Venezia), nel 1587 (Roma), nel 1598
(Stuttgart).
3 MASSI F.P., Una gloria medica marchigiana, cit.; MUNSTER L., Studi e Ricerche..., cit. 55 Ibidem.
56 MONTANELLI I., Papa Giulio II, in "I Protagonisti", inserto redazionale de // Giornale, 1993, p.107.
SANTORO M., Alcune considerazioni sull'Historia vinorum di Andrea Bacci, in Scritti Medici (a cura di Gisleno Leopardi), Fast Edit, Acquaviva Picena 1998, pp. 434-440. Del De naturali vinorum historia, vennero prodotte quattro edizioni: la prima nel 1596 (Roma), le altre nel 1597 (Roma), 1598 (Roma) e nel 1607 (Francoforte).
58 TASSOTTI R., Carestia a Montalto da Sisto V al 1600, in "Atti del Convegno di
Studi Montalto e il Piceno in età Sistina", Montalto delle Marche, D'Auria ed., Ascoli
P., 1994, pp. 39-56. Cfr. Le ROY LADURIE E., Histoire du climat depuis l'Art Mil,
Paris 1983, voi. I, cap. IV.
59 FUMAGALLI V., All'alba del Medioevo, Il Mulino, Bologna 1993, p. 21.
MUNSTER L., Studi e ricerche sull'opera scientifica di Andrea Bacci, cit.
61 MASSI F.P., Una gloria medica marchigiana..., cit.
62 Ibidem.
' Ibidem.
64 Ibidem. Ibidem.
66 Ibidem. L'opera fu pubblicata nel 1564 (Roma) e ristampata nel 1567 (Roma).
67 Ibidem.
68 Ibidem.

In: F. Regi e S. Virgili, Personaggi piceni, Studi e Saggi dei Quaderni dell'A.S.A.F. n. 4, Linea Grafica, Centobuchi (AP), 2000, pp. 119-125 (*)

SISTONOSTRO!

Piceno e marchigiano

... Quanto alla regione Piceno o Marca a cui appartiene intieramente Sisto V, siccome fu dalla natura privilegiata d'amenissimo clima, di cielo ridente, di fertili campagne e ogni coltivazione, così negli abitanti suoi sortì uno svegliatissimo ingegno e un'indole generosa, per cui molti fra loro con nobilissime imprese, e con magnifiche azioni si resero in tutte l'età famosi e illustri; a tutti però gloriosamente sovrasta Sisto V piceno e marchegiano...

Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni, Tipografia Emiliana, Venezia MDCCCLIV, p. 79 

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