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TORQUATO TASSO, ALLE ACQUE FELICI CONDOTTE IN ROMA

II.

Più bella in pace, che fra schiere ed armi,
E d'altre imprese adorna, e d'altre spoglie,
E d'altre colte prose, e d'altri carmi,
D'edre, e di mirti, e di più verdi spoglie,
Fuori sotto un grand'arco in varj marmi
D'immagini diverse entro v'accoglie,
Che simiglian bifolchi, e fere belve
Usciti di spelonca, e d'alte selve.

III.

Ruggir leoni al mormorar d'un fonte,
Spargendo in larga copia i freschi umori,
Diresti, e fuora l'acque a pié d'un monte,
Far soave armonia vivi pastori.
Pronti a cantare, ed a risponder pronte
Siedon le Muse ivi tra l'erbe e i fiori,
E pajono al tenor d'onde tranquille
Tanti far versi, quante són le stille.

IV

Quante le stelle in Ciel, in mar l’arene,
Tanti son del gran Sisto i merti, e i pregi,
Onde pure, e felici; e ben conviene
Ch’altri solo da lui v’appelli, e pregi,
E che vi ceda il Tebro, e l’Aniene,
Benché quello un nomò de’primi Regi;
Ma cangiar nome alle famose rive
Sepolcro e morte, a voi chi regna e vive.

V

Voi sete quasi grazie, Acque correnti,
Ch’ egli comparte a questa nobil terra;
Sisto, ch’insegna al Ciel le vie lucenti
Sovra l’acque, che ’l Cielo in grembo serra,
Fece per refrigerio a’giorni ardenti
Le vostre più secrete ancor sotterra,
Al popol suo, popol amato e caro,
Di sue grazie non più, che d’acque avaro.

VI

Anzi i popoli suoi, dilette gregge,
Non lascia traviar con altra guida,
Non lascia vaneggiar con altra legge,
Non consente che’l lupo alcuno ancida,
O ’I ladro involi, ed ogni error corregge,
Gli erranti a’paschi, a’fonti ei drizza, e guida;
Talché in felice mandra ha santa pace
Semplice agnello, e vi riposa e giace.

VII

Quasi cristallo sete, e quasi argento,
Acque, o tesoro pur d’alma natura;
E vi copre la terra all’aria, al vento,
Al chiaro giorno, ed alla notte oscura,
E porta mormoraudo a passo lento
Nell’urne, che man dotta orna e figura,
E ’n lor vi spande all’altrui voglia accensa
Chi ricchezze celesti ancor dispensa.

VIII

Così la terra quinci, e quindi iL Cielo
Apre, per arricchir gli egri mortali:
E mentre il caldo tempra al vostro gelo
D’amor gli spirti infiamma, e scaccia i mali,
E l' empia morte: e con pietoso zelo
L’anime estinte ornai rende immortali 
De’ pastori il Pastor, ch’alberga, e pasce,
E lava con quell’acque, ond’uom rinasce .

IX.

Già s’aspetta più bello il secol d’oro 
Di quel, che pria si finse, ed or s’adombra,
Non perché larga, e senz'altrui lavoro 
Stia la terra, e l’agnello, e ’l lupo all’ombra, 
Né l’angue abbia veneno, o rabbia il toro,
Ma perchè la giustizia il mal disgombra:
E quai rose vedrem d’ispide dumi,
De’severi fiorir dolci costumi.

X.

E le bell’arti in pregio, e i chiari ingegni,
E l’opre di famosa e nobil mano,
Catenato il furor, quieti gli sdegni,
Come allor, che si chiuse il tempio a Giano;
Talche ritornan di Saturno i regni,
Mentre siede il gran Sisto in Vaticano;
Ma se’l nome di Sisto anco rimbomba,
La mia sampogna agguaglierà la tromba. 

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